15 ottobre 2009

Dalla Ginestra alle stelle ( Pt.2 )



Ore 20.45 di un giovedì sera invernale qualunque. Piove ormai ininterrottamente da tre giorni, ma niente ferma il nostro capitano dal recarsi al campo d'allenamento. Il Giovedì, piova o non piova, è serata di allenamento. Campo vergognosamente allentato o in perfette condizioni, alle nove tutti pronti. Magari muniti di k-way, che è meglio. Ovviamente i campi dove si allenano e giocano le nostre squadre amatoriali non hanno niente di quei praterellini all'inglese dal manto erboso tutto uniforme, che tanto aiutano a drenare la pioggia. Anzi, la vera rarità è trovare un ciuffetto d'erba in mezzo a tanta terra. Alcuni tendono ad assomigliare alle dorate spiagge della riviera romagnola, altri paiono un orto seminato senza verdura. La sostanza comunque non cambia, quando piove ogni campo diventa un acquitrino. Con le pinne, il fucile e gli occhiali, come ricordava il ritornello di una vecchia canzone, si potrebbe tranquillamente uscire dallo spogliatoio. Purtroppo neanche conciati così ci si salverebbe dal fango che, in caso di scivolata, sarebbe pronto a ricoprirti fino alle orecchia.

Solo un coccodrillo sarebbe potuto scendere in campo indossando appena un paio di pantaloncini corti, una magliettina a maniche corte con sopra un leggero k-way, peraltro sganciato davanti. La vera sorpresa fu il vederlo calzare gli scarpini da calcio senza calzini, caso più unico che raro, credo, nella storia del calcio. Diceva che con il campo in quelle condizioni si trovava più a suo agio così! Un centravanti coccodrillo così, mai più incontrato.

Già dopo i primi giri di campo, gli indumenti diventano un tutt'uno con il terreno di gioco. Gli scarpini si trasformano in macigni da portarsi dietro ad ogni passo, complice il fango che ci si attacca. Nonostante le condizioni proibitive, non si rinuncia al programma abituale di allenamento. Riscaldamento e stretching completati, si passa ai classici tiri in porta. Il portiere non aspetta altro e muore dalla voglia di farsi un bel tuffetto nella pozza che ricopre interamente la sua porta.

Per completare l'opera di "inzaccheramento", non può mancare l'agguerrita partitella finale. Chissà perché, quando il campo sembra una risaia, fioccano a più non posso gli interventi in scivolata. Risultato? Mota fin sopra i capelli.

Arriva il momento della doccia, dove basta vedere il colore dell'acqua che filtra negli scarichi per capire la quantità di campo che se ne va. Le condizioni dello spogliatoio sono comprensibilmente indecenti: fango da tute le parti, scarpe, borse e spesso anche sui vestiti dei calciatori.

Finalmente il nostro capitano sale in macchina per fare rientro a casa. Entra dalla porta che accede direttamente in sala, la luce è spenta, i bimbi forse stanno già dormendo, mentre la moglie si trova in cucina. Attraversa la sala, appoggia la borsa sul tappeto e si ferma sulla soglia della cucina per un breve saluto alla dolce consorte, ancora ignara del disastro appena compiuto dal marito. Prosegue scendendo le scale che portano alla stanzina adibita a piccola lavanderia. Meglio lasciare subito tutto giù, pensa, così prima di andare a letto qualche "santo" avrebbe potuto già disfare e rifare la borsa, dato che appena 36 ore dopo molte di quelle cose sarebbero servite pulite ed asciutte per la partita.

Consapevole di questo, la moglie lascia la cucina per vedere il da farsi. Come accende la luce della sala, si trova di fronte ad uno scenario apocalittico. Fango da ogni parte, sembrava che il campo del Pestello avesse aperto una succursale nel salotto di casa sua. Il povero tappeto persiano, regalo di nozze della mamma, stava urgentemente facendo i documenti per tornarsene in medio oriente da come era stato ricoperto di terra. Dove era stata appoggiata la borsa, non avrebbe più splenduto niente per anni! Inoltre, avendo avuto la brillante idea di scendere fino giù, le scale sembravano quelle di un sottopassaggio di una metro in un giorno di pioggia.

Risparmio, per rispetto del decoro, di citare tutte le parole ( “-acce”, più che altro ) contenute nelle urla rivogate dalla moglie al nostro caro capitano. Passato lo sfogo, eccola a cercar di cancellare il passaggio dei barbari, per poi sistemare la borsa in vista della partita del fine settimana. Proprio come se nulla fosse successo.

Proprio delle sante le “wags” dell’Arci!

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