8 ottobre 2009

Dalla Ginestra alle stelle!



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Il campo assomiglia più a quello tipico di patate che non al praticello di Wembley. La palla non ha mai avuto un rimbalzo regolare ormai da decenni e se disgraziatamente dovesse piovere si affonda fino alla caviglia. Ci vuole proprio passione folle per andare ad allenarsi d’inverno, spesso sotto la pioggia e sotto la furia del vento, su un campo così.
A livello amatoriale Arci o Anspi nessuno ha mai visto una lira di stipendio, sia ben chiaro. Eppure si fatica a trovare un campo libero per gli allenamenti, tante sono le squadre e gli appassionati che la sera hanno voglia di ritrovarsi e stare insieme per giocare a calcio.
Gli allenamenti sono generalmente due, ci sono squadre che si allenano anche solo una volta ed addirittura gruppi che si ritrovano direttamente in occasione della partita. L’importante è esserci, giocare ed avere una classifica da scalare, partita dopo partita, fino alla fine del campionato. I più fortunati si allenano ad un orario ancora dignitoso, come le 19.00. Chi è senza speranza di riposo comincia a fare i giri di campo dopo le 21.00 . Ovviamente non tutti riescono ad arrivare in tempo per l’orario di inizio degli allenamenti. Tranquilli per i ritardatari non ci sono multe da pagare né decurtazioni dello stipendio come in seria A. Chi lavora fuori, spesso rientra dopo le 20.00, ma pur stanco ed affamato non si tira indietro. Arriva a sessione iniziata, qualche giretto di campo per scaldarsi mentre gli altri stanno facendo esercizi col pallone seguiti da schemi su calci d’angolo e poi via! Si unisce al resto del gruppo per una partitella all’ultimo sangue, immancabile conclusione di ogni allenamento amatoriale.
I momenti più memorabili, quelli che in gergo calcistico vengono definiti utili per “fare gruppo/spogliatoio”, si registrano sempre nei ritiri pre-campionato. Non tutte le squadre amatoriali hanno capacità organizzative tali da programmare un breve ritiro con tutta la squadra. Quelle che ci riescono regalano ai propri giocatori una soddisfazione immensa e dei bellissimi ricordi. Non importa andare tanto lontano e spendere chissà quanti soldi. Basta muoversi a fine ritiro, verso la metà di settembre, quando i costi di alberghi e strutture turistiche sono più bassi.
Il programma non prevede chissà quali cose trascendentali: un’amichevole di “prestigio” contro una squadra locale e tre notti in albergo, che a conti fatti valgono più di mille cene organizzate per conoscersi meglio! Non si capisce bene come mai, ma sembra che per raggiungere il massimo livello di affiatamento, il gruppo abbia bisogno di uscire di notte. Ormai è risaputo che in gruppo non si teme niente, siamo tutti più goliardici e ci copriamo a vicenda. Il tour dei locali durante il mini ritiro è una tappa fondamentale per la formazione dello spirito di squadra. Un po’ meno quella di vomitare birra fino al mattino, ma avremo modo di parlarne in seguito!
A livello amatoriale lo spogliatoio viene vissuto e sfruttato il più possibile. Diventa una seconda casa, un rifugio nel quale dimenticare i problemi di casa. Con la grigliata di inizio stagione, rigorosamente organizzata la settimana precedente l’inizio del campionato, viene eseguito un rito al quale diventa impossibile rinunciare ,poiché di buon auspicio per la vittoria finale del torneo. Finita la partitella, al rientro negli spogliatoi, la brace è già pronta. Il braciere viene posizionato al lato degli spogliatoi in modo tale che nessuno, uscendo dalla doccia, possa sfuggire al richiamo della bistecca! Con la coda dell’occhio si vedono persone che riescono ad ingurgitare una salsiccia persino sotto la doccia! Che classe! Il menù della serata prevede fiumi di vino e carne fino alla mezzanotte.
Non è tanto il cibo a fare la felicità dei ragazzi, quanto l’atmosfera che si respira. I buoni propositi della dirigenza riassunti nel discorso incoraggiante del presidente quando ormai sono tutti già brilli, la squadra che si convince che unita non deve temere nessuno ed impara a condividere anche il tempo libero.
La cosa principale di ogni squadra, soprattutto di quelle amatoriali, è il gruppo. Se ognuno si sente bene con i compagni, se ha fiducia in loro e si diverte, allora arriveranno anche i risultati. Più affiatato è il gruppo, più probabilità ci sono di raggiungere grandi risultati.

Dalla Ginestra alle stelle (Pt.2)

Ore 20.45 di un giovedì sera invernale qualunque. Piove ormai ininterrottamente da tre giorni, ma niente ferma il nostro capitano dal recarsi al campo d'allenamento. Il Giovedì, piova o non piova, è serata di allenamento. Campo vergognosamente allentato o in perfette condizioni, alle nove tutti pronti. Magari muniti di k-way, che è meglio. Ovviamente i campi dove si allenano e giocano le nostre squadre amatoriali non hanno niente di quei praterellini all'inglese dal manto erboso tutto uniforme, che tanto aiutano a drenare la pioggia. Anzi, la vera rarità è trovare un ciuffetto d'erba in mezzo a tanta terra. Alcuni tendono ad assomigliare alle dorate spiagge della riviera romagnola, altri paiono un orto seminato senza verdura. La sostanza comunque non cambia, quando piove ogni campo diventa un acquitrino. Con le pinne, il fucile e gli occhiali, come ricordava il ritornello di una vecchia canzone, si potrebbe tranquillamente uscire dallo spogliatoio. Purtroppo neanche conciati così ci si salverebbe dal fango che, in caso di scivolata, sarebbe pronto a ricoprirti fino alle orecchia.
Solo un coccodrillo sarebbe potuto scendere in campo indossando appena un paio di pantaloncini corti, una magliettina a maniche corte con sopra un leggero k-way, peraltro sganciato davanti. La vera sorpresa fu il vederlo calzare gli scarpini da calcio senza calzini, caso più unico che raro, credo, nella storia del calcio. Diceva che con il campo in quelle condizioni si trovava più a suo agio così! Un centravanti coccodrillo così, mai più incontrato.
Già dopo i primi giri di campo, gli indumenti diventano un tutt'uno con il terreno di gioco. Gli scarpini si trasformano in macigni da portarsi dietro ad ogni passo, complice il fango che ci si attacca. Nonostante le condizioni proibitive, non si rinuncia al programma abituale di allenamento. Riscaldamento e stretching completati, si passa ai classici tiri in porta. Il portiere non aspetta altro e muore dalla voglia di farsi un bel tuffetto nella pozza che ricopre interamente la sua porta.
Per completare l'opera di "inzaccheramento", non può mancare l'agguerrita partitella finale. Chissà perché, quando il campo sembra una risaia, fioccano a più non posso gli interventi in scivolata. Risultato? Mota fin sopra i capelli.
Arriva il momento della doccia, dove basta vedere il colore dell'acqua che filtra negli scarichi per capire la quantità di campo che se ne va. Le condizioni dello spogliatoio sono comprensibilmente indecenti: fango da tute le parti, scarpe, borse e spesso anche sui vestiti dei calciatori.
Finalmente il nostro capitano sale in macchina per fare rientro a casa. Entra dalla porta che accede direttamente in sala, la luce è spenta, i bimbi forse stanno già dormendo, mentre la moglie si trova in cucina. Attraversa la sala, appoggia la borsa sul tappeto e si ferma sulla soglia della cucina per un breve saluto alla dolce consorte, ancora ignara del disastro appena compiuto dal marito. Prosegue scendendo le scale che portano alla stanzina adibita a piccola lavanderia. Meglio lasciare subito tutto giù, pensa, così prima di andare a letto qualche "santo" avrebbe potuto già disfare e rifare la borsa, dato che appena 36 ore dopo molte di quelle cose sarebbero servite pulite ed asciutte per la partita.
Consapevole di questo, la moglie lascia la cucina per vedere il da farsi. Come accende la luce della sala, si trova di fronte ad uno scenario apocalittico. Fango da ogni parte, sembrava che il campo del Pestello avesse aperto una succursale nel salotto di casa sua. Il povero tappeto persiano, regalo di nozze della mamma, stava urgentemente facendo i documenti per tornarsene in medio oriente da come era stato ricoperto di terra. Dove era stata appoggiata la borsa, non avrebbe più splenduto niente per anni! Inoltre, avendo avuto la brillante idea di scendere fino giù, le scale sembravano quelle di un sottopassaggio di una metro in un giorno di pioggia.
Risparmio, per rispetto del decoro, di citare tutte le parole ( “-acce”, più che altro ) contenute nelle urla rivogate dalla moglie al nostro caro capitano. Passato lo sfogo, eccola a cercar di cancellare il passaggio dei barbari, per poi sistemare la borsa in vista della partita del fine settimana. Proprio come se nulla fosse successo.
Proprio delle sante le “wags” dell’Arci!

Dalla Ginestra alle stelle (Pt. 3)

Non sono mai entrato in uno spogliatoio di una squadra di serie A, ma credo che per l’atmosfera goliardica ed il clima di allegria che si respiri là dentro, le nostre squadre amatoriali non abbiamo niente da invidiare. Anzi, forse sono quelle professionistiche a non sapere cosa si perdono il giovedì sera, una volta finiti gli allenamenti. Probabilmente immaginano cosa possa succedere al chiuso di quegli umidi e stretti spogliatoi di periferia, ma comunque è sempre poco rispetto a trovarsi là di persona.
L'allenamento è terminato da circa una mezz'oretta. Le luci del campo sono già state spente da un po' di tempo. Dalla porta, leggermente socchiusa, dello spogliatoio un piccolo raggio di luce riesce a filtrare, permettendo così a Remo di avvicinarsi all’entrata. Lo scenario che si presenta ai suoi occhi è quello che consiglierebbe di lasciare ogni speranza o voi che entrate. Non un richiamo al sommo Dante, ma all'inferno nel quale stava per entrare l'intrepido custode. Per terra un tappeto arricciato di borse spalancate, dalle quali straboccano “volgoli” di panni ancora bagnati di sudore. Sopra le rigide panche di legno, mangiate a morsi dall’umido, un mercato di tute e magliette fangose che in maniera alquanto scomposta ciondolano verso terra.
Un brulicare continuo di persone che molto allegramente parlano fra di loro. Unico problema: la distanza. Immaginate venti persone che si parlano a voce alta da un lato all’altro dello spogliatoio. Un manicomio audiovisivo! Cosa fai dopo, vieni a mangiare una pizza, usciamo a berci qualcosa fino a raccontarsi la giornata stressante al lavoro. Non si tratta, infatti, soltanto di un semplice luogo dove ci si cambia e ci si prepara a scendere in campo. E’ soprattutto un rifugio dove ci si ritrova e ci si racconta di tutto. Il punto di partenza da cui nasce ogni cosa: dal divertimento più sfrenato fino agli attimi intensi di concentrazione prima della partita. Comunque emozioni. Dentro uno spogliatoio tutto sembra sempre più allegro. I problemi si sdrammatizzano: fra una risata ed una presa di giro diventano perfino meno seri.
Sotto la doccia, i soliti ritardatari consumano litri e litri di bagnoschiuma prima di rendersi conto che è l'ora di asciugarsi e vestirsi. Quei tre o quattro moccoli in fila indiana, tra l’altro scanditi molto bene dal povero custode, sembrano risvegliare dal torpore chi ancora è immerso sotto il caldo getto d’acqua. Termina quel paradisiaco rumore d’acqua scrosciante sul pavimento e la nebbia formata dal vapore comincia a dissolversi. Dopo un'altra rapida "scarrellata" di moccoli, sconsolato, il custode chiude la porta dietro di sé uscendo. Aspetterà fuori che tutti siano usciti prima di tornare a far brillare lo spogliatoio. Compito peraltro non facile dopo il passaggio di quella mandria di cinghiali.
Seduti un po' in ordine sparso, c'è chi si veste ancora gocciolante, chi si asciuga i capelli in accappatoio e chi, non sapendo come passare in tempo, se ne rimane seduto, in mutande, sopra l'asciugamano sulla panca. A vederlo da fuori, per chi non conosce l’ambiente, può sembrare a tutti gli effetti un pazzo. Niente da dire. Invece, non esiste cosa migliore che starsene buoni buoni a riflettere su chi sa cosa quando, all’improvviso, ti investe in pieno una bella secchiata d’acqua gelata! Tutti i cardiologi lo consigliano: una bella doccia calda e dopo frizionare lievemente il corpo con acqua a temperatura più fresca, stimola la circolazione. E’ stata appena dichiarata guerra. Chi riempie le scarpe per poi lanciarle, chi svuota le borsine di plastica contenenti le ciabatte e chi, il più esagerato, si spinge fino fuori lo spogliatoio per afferrare il tubo di gomma con il quale Remo lava di solito il pavimento. L’introduzione della sistola nello spogliatoio ha lo stesso ruolo vincente che ebbe l’invenzione delle armi da fuoco in battaglia. La pace viene ristabilita con l’arrivo del custode, il quale provvede a sequestrare l’arma impropria. Terminata l’ondata “acquafun” è la volta dei colpi sferrati con l’asciugamano. Chi non ha mai fatto un uso scellerato di un asciugamano, rendendolo così più simile ad frustino spagnolo. Che botte ragazzi! Non contenti, si passa a fare i complimenti alle mogli o fidanzate altrui, immaginandole all’opera ed elencando con dovizia di particolari cosa sarebbero capaci di fare. L’ambiente non si presta certo a riletture approfondite del terzo libro della poetica di Aristotele, solite di un circolo filosofico letterario, ci mancherebbe altro! Poi, anche se si prestasse, ci sarebbe comunque bisogno di uno sfogo di gruppo, di un momento di aggregazione che faccia tornare un po’ bambini in gita scolastica.
Forse la differenza principale fra lo spogliatoio di San Siro e quello del Pestello verde è che i grandi campioni conducono una vita agiata e senza grossi problemi, mentre i fenomeni dell’Arci combattono con la realtà di tutti giorni fatta di levatacce, giubbate di freddo, turni in fabbrica e sempre più spesso con lo spettro della cassa integrazione. Nessuna polemica, non è il luogo adatto. Dico solo che avere la possibilità di sfruttare questi punti di ritrovo è una vera e propria fortuna. Doveroso, mi sembra, fare un ringraziamento a tutte le persone che sostengono le squadre amatoriali con tanto sacrificio sia economico che di tempo. La loro più grande soddisfazione, a detta di molti, è quella di veder nascere e formarsi un vero gruppo di amici, dove l’amicizia continua anche al di fuori del campo sportivo. Ovviamente, se arrivassero anche le vittorie, sarebbero tutti molto più contenti! Dirigenti compresi!


Dalla Ginestra alle stella ( Pt. 4 )


Fare l'amore prima delle partite fà male o fà bene? È una cosa da proibire o bisogna incoraggiare i calciatori ad esercitarsi? Si tratta di una complessa discussione che trova divisi i massimi esperti in materia. Sono stati scomodati illustri psicologi e preparatori atletici, ma il risultato ottenuto è stato, fino ad oggi, l’assoluta assenza di certezze. I più ironici invitano a provare e rendere pubblici i risultati: così sarebbe possibile un confronto costruttivo che fornirebbe delle statistiche per una base di studio.

In quel circolo filosofico letterario che è lo spogliatoio di calcio di una qualsiasi squadra dell’Arci, non ci si deve sorprendere se a volte i concetti vengono elaborati in maniera un po’ contorta e le conclusioni a cui si arriva spaventino per la loro crudità.

È solitamente in questi momenti, dopo una calda doccia, che si accendono le discussioni più sentite. A volte basta un niente, quella sera fu sufficiente un missile! Un missile un po’ particolare, a dire il vero, perché si trattava di un missile fluorescente. Un oggetto mai visto prima, neanche nei film di fantascienza più surreali. A prima vista nessuno aveva ben realizzato cosa fosse quel coso fluorescente stampato sui boxer del bomber. Dopo un momento di lieve riflessione, senza chiedere l’ombra di una spiegazione, ecco i

più impavidi e burloni spegnere la luce dello spogliatoio ed avvicinarsi minacciosi alla zona incriminata. Fu un susseguirsi di interventi pericolosi, quasi tutti da fallo di rigore. Dopo un uragano di urla sguaiate ed una dozzina di pizzicate all'interruttore della luce, tuonò puntuale la prima fila di moccoli della serata da parte del sempre meno paziente Remo.

Una volta ripristinato l'ordine in spogliatoio, il bomber cominciò a raccontare che quei boxer avevano un valore inestimabile per lui oltre ad un'importanza strategica nella sua vita nella vita di coppia. I compagni di squadra continuavano a non capire ed erano sul punto di spegnere di nuovo la luce quando, ormai sotto assedio, l'imputato cominciò a parlare. I boxer con il missile stampato sopra non erano altro che un gesto d’intesa fra lui e la moglie. Quando li indossava, significava che quella sera era pronto per il decollo! Il perché del fluorescente? Per creare quell’effetto sorpresa, nel buio della stanza, del difensore che si inserisce da dietro. E qua mi fermo.

Fra le risate generali e battutine varie, il bomber riuscì ad alleggerire la pressione e finì di vestirsi in santa pace.

Una chiacchiera tira l'altra e così l'argomento, già incanalato nel binario giusto, cadde irrimediabilmente sul gentil sesso. In particolare sulla tempistica dedicata all’attività di coppia e quando fosse meglio conciliare le coccole con gli altri impegni della settimana. Primo fra questi la partita della domenica. Per cominciare, fu chiaro a tutti che il bomber quella sera avrebbe passato il suo tempo libero con la moglie: e non certo a guardare la tv. Gli altri, invece cosa avrebbero fatto? Partì la tavola rotonda. Il capitano, ovviamente, era diretto a casa, fosse mai una volta che sgarrava! Il centravanti, invece, aveva programmi alquanto bellicosi. Il libero, noto per la sua fama di solleticaspose, a sorpresa se ne sarebbe andato, tranquillo tranquillo, a letto. Data l’incredulità generale, fu costretto a spiegare che sarebbe uscito sabato sera. Attimo di incertezza generale…Ma come? Usciva con la ragazza la sera prima della partita? Che irresponsabile! Avrebbe compromesso l’esito della partita e la prova di tutti i suoi compagni per una mera scorribanda di letto la sera prima dello scontro al vertice! Accortosi del gelo che si era creato, fu proprio lui a prendere la parola e rassicurare la squadra. La sua serata avrebbe, anzi, contribuito alla vittoria della squadra e nessuno avrebbe sospettato mai cosa potesse aver fatto prima di scendere in campo. Sosteneva, con tanto di prove per i più scettici, che nella sua carriera aveva regalato sempre grandi prestazioni tutte quelle volte che era uscito con una ragazza 12 ore prima dell’incontro. Qualcuno reclamò le prove…ma quali, scusa!? Le pagelle delle partite nell’Arci o i voti delle ragazze con cui si vedeva?

La strada da percorrere era un’altra. Urgeva fare un nuovo test. Il libero si dimostrò più che disponibile, ovviamente. Sabato sera sarebbe uscito con la fidanzata e domenica mattina, fresco come una rosa appena sbocciata, si sarebbe presentato in campo per difendere i colori della propria squadra e dimostrare al mondo intero i suoi extra poteri.

Il prescelto per il test terminò di vestirsi e se ne andò verso casa. Non fece in tempo a salire in auto, che già i suoi compagni avevano rizzato un bel giro di scommesse, incentrate su come ed in quali condizioni si sarebbe presentato domenica mattina. Le prime puntate clandestine furono, però, bruscamente interrotte dall’apertura, con feroce fila di moccoli targata Remo, della porta. Era il solito modo garbato di invitare gli ultimi rompiscatole a togliere il disturbo: del resto non fu difficile intuire che stava gentilmente chiedendo di uscire, nonostante dalla sua bocca fosse uscito solo un interminabile treno di moccoli.

I giorni passarano veloci, le telefonate ed i messaggini fra i compagni di squadra si sprecavano. L’argomento principale era valutare attentamente la prova del libero. In seconda battuta, si chiedevano informazioni sul livello raggiunto dalle quote delle scommesse. Varie erano le opzioni di gioco: fra queste, una lo dava uscente alla fine del primo tempo per esaurimento, ed è proprio il caso di dirlo, di banane! Si poteva giocare anche l’infortunio ( ometto per decenza le illazioni che circolavano in gruppo sui vari strappi inguinali di cui avrebbe potuto soffrire ) nei primi venti minuti di gioco. Le quote più alte, quelle che avrebbero pagato meglio, comprendevano gesti tecnici mai visti su un campo dell’Arci. Veniva pagata 20 volte la posta in caso di rete su rovesciata e 15 volte per una rete segnata con un tacco volante. Insomma, nessuno credeva possibile che la prestazione del libero potesse andare oltre la sufficienza strimizzita, ammesso sempre che fosse riuscito a restare in campo per tutti i novanti minuti.

Domenica mattina ore 9 ritrovo al solito bar. Tutti gli occhi erano comprensibilmente puntati su di lui. Apparentemente non mostrava segni particolari di stanchezza, agevolato forse dall’indossare un bel paio di occhiali scuri che gli coprivano la faccia. Il fatto che non fosse neanche sceso di macchina, scegliendo di recarsi subito al campo, aveva generato le ipotesi più disparate.

Il rituale di riscaldamento non cambiò di una virgola: fu blando come al solito, seguito solo da qualche allungo prima del fischio d’inizio. Sembrava molto tranquillo, quasi più sereno e rilassato del solito.

La partita si trascinò, perlomeno nel primo tempo, su ritmi bassi. Nonostante il ritmo non proprio tambureggiante, il nostro osservato speciale ebbe comunque il sul bel da fare in fase di chiusura. Si dimostrò puntuale ed elegante anche nei momenti più concitati e spesso brillante in fase di impostazione.

Fin qua niente di strano: l'effetto sesso pareva proprio non aver prodotto nessun cambiamento, né in positivo né tantomeno in negativo. Spesso i compagni si fermavano a guardarlo con particolare attenzione: cercavano di cogliere eventuali sbavature o segni di cedimento, ma lui niente, aveva il volto di una sfinge. Quando poi, in occasione di un calcio d'angolo a favore, lo videro portarsi in avanti, pensarono si volesse suicidare e lasciare sul campo anche gli ultimi granelli di energia rimasti. Spingersi fino all'area avversaria, col rischio di dover poi rientrare con uno scatto in caso di ripartenza fulminea, pareva sinceramente troppo per la forma fisica di uno che aveva passato la notte a giocare al dottore! Invece, non solo prese posizione a centro area, ma riuscì anche ad anticipare tutti, difensori e propri compagni, esibendosi in un pregevole gesto tecnico. Sul campo del Pestello Verde raramente si era assistito ad una mezza girata volante all'altezza del primo palo con la sfera che si infila in rete sotto l'incrocio dal lato opposto della porta. Roba da cineteca. Increduli, nessuno dei compagni si avvicinava per abbracciarlo. Si dovette aspettare l'arrivo del portiere che, dopo aver attraversato tutto il campo, lo travolse con un impetuoso abbraccio. Probabilmente l’estremo difensore era l’unico ad aver scommesso 20 euro su rete segnata con gesto tecnico fuori dal comune. Arrivarono anche gli altri: non ebbero nessuna pietà di lui e lo sommersero di abbracci. Risultato sbloccato e vittoria quasi certa, considerato che mancavano soli cinque minuti al fischio finale. Con ancora negli occhi le immagini dell'eurogoal del libero, terminò di fatto l'incontro.

Fra risatine malcelate e sentimento di incredulità, i giocatori si avviavano negli spogliatoi. La maggior parte della squadra aveva già terminato di fare la doccia e lasciato lo spogliatoio, quando gli organizzatori dell'esperimento, più che altro gli sfortunati scommettitori, circondarono l’eroe di giornata per sottoporlo al prevedibile interrogatorio.

Molto candidamente ammise di essere uscito a cena fuori con la sua bella ma che, allo scoccare della mezzanotte, la bella Cenerentola di Montevarchi si era volatilizzata verso casa in seguito ad un dilaniante mal di testa. Cominciarono a tirargli di tutto, dalla bottiglie di plastica vuote, a dire il vero qualcuna anche piena, ai calzini sporchi e sudati. Il poveraccio si alzò in piedi pregando di ascoltarlo: l'esperimento non solo era da considerarsi regolare, ma era anche riuscito. Una volta che la sua Cenerentola se n'era andata a casa, lui ebbe la brillante e coraggiosa idea di portare a termine la missione da solo. Era passato dal distributore di videocassette saccheggiando letteralmente la sezione per adulti.

Una volta a casa, aveva preparato con cura il terreno di gioco e smesso i panni inutili. Una volta accesa la tv ed aperte le marcature, l’esito dell’incontro fu subito a suo favore. Alla fine dei calli, il risultato fu una schiacciante vittoria con un perentorio cinque uno, ottenuta in meno di due ore di gioco! Stanco, ma soddisfatto, si era addormentato intorno alle due e mezza. Le prove, in questo caso le videocassette, erano in borsa con tanto di ricevuta dell'avvenuto prelievo dei film. Adesso anche i più scettici potevano mettersi l'animo in pace e riconobbero l’efficacia della sua preparazione.

Inutile dire che quelle pellicole non fecero mai ritorno alla videoteca di origine e che, nei turni di campionato a seguire, capivamo in quale videoregistratore si fossero fermate leggendo il tabellino dei marcatori. Non so se ormai fosse divenuta una tradizione o una sorta di rito scaramantico, ma dopo tutti i gran goal segnati in quella stagione, alla visita medico sportiva dell’anno successivo si registrò uno strano fenomeno di abbassamento di vista collettivo!

Dalla Ginestra alle stelle (Pt.5)

La disfatta

Capita anche alle grandi della classe di inciampare in una giornata storta e rimediare una figuraccia in campionato. Certo, ogni sconfitta ha la sua storia e le sue cause. Quando quattordici elementi su quattordici, contando anche i tre cambi della ripresa, non si reggono in piedi dal portiere fino al centravanti, di sicuro non è il modulo tattico il problema.
Quando il capitano, storicamente un leone in mezzo al campo nell'intercettare e proteggere i palloni, non si sposta di un metro e il massimo stacco da terra è di tre centimetri, diventa difficile per i compagni fare meglio. Che la giornata non fosse delle migliori lo si doveva intuire subito, fin dal tragitto verso il campo. Il lungo ed esperto portiere, tanto per citarne uno, aveva cominciato a sbadigliare fin dal sottopassaggio del Pestello; dopo la doccia, ancora non del tutto sveglio, non riusciva ancora a tener chiusa la bocca. Fortuna sua nostro Signore gli ha messo le orecchie, altrimenti la bocca gli avrebbe fatto il giro della testa! Non stavano di certo meglio gli altri componenti del reparto difensivo. A destra, sembrava giornata di lutto per la posizione a mezz'asta degli occhi del laterale. Incredibile come non riuscisse ad aprirli più di 20 gradi. Neanche un maldestro stop di petto, che gli fece rimbalzare violentemente la palla sulla faccia, contribuì al suo risveglio. I centrali non se la passavano molto meglio, impegnati com'erano nel tentare di non cadere nella trappola del fuorigioco: tattica che, notare bene, loro stessi provavano ad attivare per fermare gli attaccanti avversari. Notoriamente il fuorigioco, perché funzioni e non si trasformi in un boomerang, si deve basare sulla perfetta sincronia di movimenti fra tutti i componenti della linea difensiva. Nella disfatta di quel giorno, il libero saliva mentre lo stopper arretrava o viceversa. Nei rari momenti in cui si incrociavano, uno ricordava all’altro di stare con gli occhi ben aperti e di non far caso a tutta quella gente che si infilava da ogni parte. Una pacchia per gli attaccanti. Lo stantuffo di sinistra, conosciuto in tutto il Valdarno per i crateri provocati al momento dello scatto, sembrava piantato fino alle caviglie. Neanche investito da due giocatori avversari in corsa riuscì a smuoversi per più di un metro.
Una crisi tanto profonda quanto inspiegabile! Il reparto di centrocampo non aveva niente da invidiare ai colleghi di difesa. Gravi problemi motori flagellavano chi di solito aveva il compito di spezzare la manovra offensiva e recuperare palloni. Non a caso venivano giù come la grandine. Anche l'altro centrale di mediana non si incontrava particolarmente reattivo sulle palle alte. Mostrava un gran senso di posizione su ogni rinvio del portiere, ma di colpire il pallone neppure l'ombra; nonostante gli rimbalzasse periodicamente a meno di un metro, riusciva solo a guardarlo ed alzare le mani in segno di resa. Non era proprio giornata. La fascia destra, contrattualmente di proprietà del Cristiano Ronaldo del Pestello, era stata presa in prestito, senza diritto di riscatto, dagli ospiti per dare luogo a scorribande indisturbate. Per il fenomeno di casa, riuscire a controllare la palla e portarla avanti per più di un metro era un'impresa improponibile. Le cose non andavano di certo meglio a sinistra, dove i piedini di fata del regista stavano attraversando un'inquietante mutazione genetica. Dalla stanchezza che si trascinava dietro, i suoi piedi non riuscivano più a stare in piedi! Non si trattava di un bisticcio linguistico, oddio non che si esprimesse proprio bene a parole, ma di un problema motorio molto serio. Mi spiego meglio: in certi frangenti dell'azione, era il tallone a sopportare l'intero peso del corpo, mentre in alcune fasi di gioco, come ad esempio nel momento dello scatto, o meglio di quello che ne era rimasto, erano le punte dei piedi a doversi sobbarcare il goffo compito di portarlo in giro. Uno spettacolo tragi-comico per il pubblico: improvvisamente il Pestello Verde si era trasformato in un surrogato della Scala di Milano. Il problema era che i provetti ballerini non erano in grado neanche di camminare sulle punte...Figuriamoci di correre!
Gli attaccanti, abbandonati là davanti al loro destino solitario, si supportavano a vicenda, o meglio si reggevano a vicenda approfittando dei rari calci da fermo a favore. Dopo un batti e ribatti in area, molto coraggiosamente il centravanti aveva provato a colpire la palla al volo, esibendosi in una quanto mai improbabile girata. Gesto tecnico che già a condizioni normali presenta un coefficiente di difficoltà altissimo, figuriamoci in quella disgraziata mattina. La palla venne ciccata clamorosamente, ma il colpo più forte che si udì fu quello della colossale “gropponata” battuta per terra dall'attaccante. Il cambio fu la conseguenza più naturale per terminare l'azione offensiva e cercare di riportare un po’ di dignità calcistica. Anche il suo compagno di reparto non appariva in grande condizione. Approfittando di una clamorosa uscita a vuoto del portiere, si era trovato la porta spalancata: la palla a spiovere proprio all'altezza del secondo palo, dove lui si trovava ben appostato ( forse piantato ), non aspettava altro che essere appoggiata in rete. La distanza dalla linea di porta era irrisoria ed il difensore più vicino si trovava a dieci metri: nonostante le condizioni favorevoli, mancò l'appoggio in rete, andando addirittura a sbattere con la testa sul palo. Altro doveroso cambio per il bene del calcio e per la disperazione del mister in panchina.
Il passivo stava cominciando a diventare pesante anche per la pazienza del presidente, schiumante di rabbia e rimasto senza voce dai tanti moccoli sacrificati, giunto ormai sulla soglia degli spogliatoi. Una debacle psico-fisica di queste proporzioni non si era mai vista, neanche a queste latitudini calcistiche. Nell’immediato dopo gara, il primo pensiero della dirigenza fu quello di risalire alla cause di una simile condizione pietosa. Come sempre succede in questi casi, fu una soffiata ad aprire gli occhi dell’allenatore e farlo interrogare su cosa potesse essere successo la sera prima della partita…



Dalla Ginestra alle stelle! (Pt. 6 )

Alle origini della disfatta

Impossibile che una clamorosa disfatta come quella rimediata la scorsa domenica potesse passare inosservata. Già nell'immediato dopo gara erano circolate le prime voci circa le probabili cause di quel crollo fisico di proporzioni vergognose. Il presidente volle andare a fondo e già al martedì le cose gli furono chiare.
Occorre fare un piccolo passo indietro per ricostruire i fatti e dare una spiegazione logica alla paralisi psico-motoria che aveva colpito i giocatori durante l'incontro. Fu tutta colpa del fin troppo vivace esterno di centrocampo, sempre pronto a far festa ed a cavalcare le ultime tendenze, se il sabato sera, precedente l’incontro, la serata si protrasse fino all'alba. Tutto nacque come una semplice cena fra compagni di squadra, allo scopo di, come si dice in gergo, fare gruppo. La scusa fu che i nuovi arrivati non si erano ancora ambientati e quindi, per il bene della squadra, bisognava aiutarli urgentemente L'occasione si presentò quando quando il nostro centrocampista rimase solo a casa: a dire il vero non era tanto l'esser solo, quanto avere la possibilità di sfruttare l'immenso giardino dietro casa, luogo ideale dove far accomodare una simile teppa. Non fu ben chiaro il perché si fosse offerto proprio lui di organizzare tutto nel suo giardino, ma non c’era tempo per le domande.
La temperatura era gradevole, la serata leggermente ventilata e il vinello fresco aiutava ad entrare in clima cena. C'erano proprio tutti, nessuno era voluto mancare, o meglio, non aveva potuto rifiutarsi! La formula invito pressing a tutto campo non lasciava scampo. Chi fosse mancato, sarebbe stato messo fuori rosa a tempo indeterminato dai vecchi del gruppo: voleva dire una vita da inferno negli spogliatoi e scordarsi inviti extra post allenamento. Sommata alla dannosa perdita del diritto a scommettere sugli episodi riguardanti i componenti della squadra.
Il problema di questi ritrovi goliardici non è tanto il mangiare, quanto il bere. In molti erano convinti che essendoci in programma la partita l'imminente domenica mattina, il tasso alcolico della cena sarebbe stato limitato. Si sa come succede, un bicchiere tira l'altro e le bottiglie vuote in tavola portano miseria! Dei brindisi in onore della squadra se ne perse il conto già dopo lo straripante vassoio di tagliatelle ai funghi che venne servito solo verso le dieci, anticipato da una serie infinita di antipasti di varia natura. Dura arrivare in fondo, ma tutti si dimostrarono in forma per reggere i supplementari della tavola: la preparazione del mese prima stava cominciando a dare i suoi frutti. Intorno alla mezzanotte, quando tutti pensavano fosse giunto il momento di tornare a casa, ecco che il generoso padrone di casa introduce una torta a grandezza umana. Da quanto grande e pesante era, fu trasportata a tavola col muletto! Un’opera da guinness del maestro Bonci, solo che il contenuto differiva leggermente dalla ricetta classica. Tutti erano attratti da quella meraviglia di arte pasticcera e l’ennesimo brindisi della serata fu solo il giusto tributo a quel capolavoro. Scolata la quarta bottiglia di champagne, fu la volta del taglio della torta. Non appena il coltello poggiò sullo strato di panna, quel palazzo di torta si squarciò in due come colpito da un fulmine: il bagliore celestiale che tutti videro, però, fu quello scintillante emanato dalle paillettes che decoravano i succinti top di tre splendide fanciulle, uscite a miracol mostrare da uno strato di bavarese. L’attimo di gelido silenzio durò appena una decina di secondi, durante i quali la salivazione si azzerò allo stato primordiale e gli occhi uscirono dalla orbite come a voler posarsi sui generosi decoltè dell’ultime arrivate. Ad evitare il linciaggio erotico, intervenne il padrone di casa, che con un gesto eroico si frappose fra quello che rimaneva della torta ed i sempre più famelici compagni di squadra. Uno di questi non era riuscito ancora a chiudere la bocca da quando Dio aveva dato prova di esistere, assumendo le sembianze di quelle tre macchine da guerra.
Le tre fanciulle erano, manco a dirlo, una più attraente dell’altra: Sveta, una biondina faccia d’angelo ed il corpo da strip-dancer, Savana, una bella mora dalle forme sviluppate nei punti giusti ed una lunga treccia che attirava l’attenzione dei presenti per il punto fin cui arrivava; dulcis in fundo, un bel dinosauro di colore, noto al tratto di statale fra San Giovanni e Figline col nome di Joy, essere dalle forme giunoniche e dotata di un sedere modello schermo 16:9. Insomma, ce n’era per tutti i gusti.
Svolte le presentazioni di rito, l’intera squadra scoprì che le signorine erano state invitate per allietare la serata con uno splendido gioco. L’occasione della cena era solo un pretesto per verificare l’abilità dei ragazzi nella corsa del canguro, variante valdarnese. Nessuno avrebbe accettato, ubriachi come un tegoli e pieni di cibo fin sopra i capelli, di cimentarsi in una simile prova se non ci fosse stato lo stimolo della bella fanciulla. Lo start era posizionato proprio davanti alla siepe che delimitava il confine del giardino con la strada ed attraverso un percorso che prevedeva il guado di un piccolo fiumiciattolo artificiale, lo scavalcamento di circa 2 metri e mezzo di fosso e l’attraversamento dell’ultimo tratto saltellando a zig e zag per evitare le sabbie mobili, si doveva arrivare alla metà. Lo scopo, fu usato proprio questo termine per incentivare i giocatori, era quello di raggiungere le tre grazie e, con il solo ausilio della bocca, toglier loro gli indumenti di dosso. Nessuno perse tempo e tutti vollero partecipare: avendo visto le ragazze vestite con dei soli bikini, pensarono che, con al massimo un paio di giri di percorso, sarebbero riusciti nell’impresa di vederle come madre natura le aveva sfornate. Il piccolo particolare della corsa del canguro locale, era che tutti avevano mani e piedi legati! Come tanti salamini messi in piedi, cominciarono a saltellare già prima del via: bisognava prendere prima confidenza con il percorso, che solo a prima vista appariva facile. Il guado del fiumiciattolo avvenne praticamente senza problemi. Il problema maggiore si presentò nell’attraversamento del fosso…Un’ecatombe di proporzioni colossali! Gente che dalla troppa foga ribaltava nel tentativo di superarlo con la rincorsa e chi, invece, provava a saltarlo senza entrarci dentro, finendo inevitabilmente spalmato per terra! Il cammino verso il paradiso si rivelò più arduo del previsto. Solo chi aveva bevuto un po’ di meno, dopo estenuanti sforzi, si avvicinò al cospetto delle tre desiderate: con loro grande delusione, notarono che adesso si erano vestite di tutto punto, non portando più solo l’intimo, come quando erano uscite dalla torta. Una mazzata dura da digerire, come chi segna la rete del 1 a 2 ed subito dopo incassa il terzo goal. Si erano vestite come per scalare il K2: cappello, sciarpa, guanti, cappotto e chissà quante altre cose sotto. “Scommetto che in vita loro, queste bucaiole, non si sono mai vestite così tanto come oggi!” Gridò con la faccia annaspando a pochi centimetri da terra, quello che prima aveva avuto problemi a chiudere la bocca alla vista di cotanto ben Dio, e mentre imprecava, cercava di rialzarsi dalla fragorosa caduta. Andarono avanti fino a mattina, saltellando tutta la notte. Complice il vino a fiumi, nessuno si era reso conte del coefficiente di difficoltà estremamente elevato dell'impresa. Così, come tanti goffi canguri allupati, seguitarono a saltellare in maniera sguaiata fino alle sette di mattina. Dopo una massacrante notte di salti, il massimo risultato conseguito fu l’esser riusciti a vedere Joy in maniche di camicia! Non male, dopo una notte di fatica e diversi fogli da cento spesi dal laterale di centrocampo, sempre più convinto di aver contribuito ad alzare il morale, e forse anche qualche altra cosa, della squadra. Il primo risultato tangibile del suo “fare gruppo” fu la scoppola rimediata nella partita che si disputò da lì a poche ore, tragicamente narrata nell’episodio precedente.
Se il buongiorno si vede da quel mattino…Povero presidente, ancora non sapeva cosa gli sarebbe capitato in quell’annata…Ma presto se ne rese conto, quando vide che la squadra si ritrovava sempre più spesso sui campi di calcetto, invece che su quelli di calcio!


Dalla Ginestra alle stelle! ( Pt. 7 )

Cena di Natale

È in arrivo un vassoio di crostini misti lungo la fascia destra, occorre prestare attenzione, si sta accentrando pericolosamente verso la tavola dirigenziale, dove Pudda, Caposciutti, Dami, mister Benucci e il presidentissimo Aldinucci già pregustano l’antipasto, ma ecco intervenire Marini in presa sicura. Provvidenziale l'uscita dell'estremo difensore della Ginestra, che con un guizzo felino riesce ad evitare il peggio! I crostini a base di pesce sono uno schianto, non sa se conviene rinviare lungo tavola per gli accorrenti centrocampisti o rischiare la punizione a due in area: meglio trattenere la pietanza, a costo di rimediare un cartellino per perdita di tempo. Finalmente anche il resto della squadra comincia a mettere qualcosa sotto i denti, ma ancora è poca cosa rispetto alla fame di goal che hanno gli esperti attaccanti. Dini, da consumato mastino della difesa, marca stretto l'avversario sulla corsia di sinistra: ne segue con gli occhi ogni movimento ed al momento in cui tentano di servire Velotto, interviene con tempismo perfetto, anticipando il lussurioso piatto di maniche di cicala diretto verso le fauci del bomber. Il primo ad infilare la preda sarà proprio il granitico difensore centrale. Galvanizzato dal grande intervento in copertura, si prende il lusso di passare la preda al sempre vigile Bucciarelli, il quale ringrazia per la tanta generosità e si concentra immediatamente sul da farsi. È una squadra veramente affiatata, dove gli uni corrono, specialmente a tavola, per gli altri. In difesa non si perdono certo in chiacchiere ed ecco l’altro centrale addomesticare una porzione di patatine sfuggita da un vasaio lanciato in profondità verso un altro tavolo. Coppi non ha pietà e con soli due tocchi se ne sbarazza. Anche la vecchia guardia sta reclamando la propria parte. Ecco che un altro vassoio di patate fritte viene intercettato al limite dal tandem d’attacco Velotto-Romei. Le punte gialloverdi cercano compagni smarcati, ma l’impresa si rivela più difficile del previsto: i fratelli Procelli sono ancora alle prese con le cicale ( beati loro! ) di prima e non si fanno vedere!
Casini controlla tutto dall’alto della sua esperienza, non lasciandosi sfuggire niente di quello che gli passa davanti; l'unico che potrebbe venir servito è Machetti, ma il fiorentino non si accorge dello sviluppo dell'azione, intento ad ubriacare di finte ( e soprattutto di vino bianco! ) le vecchie glorie, tra le quali il mitico “gatto” Becattini, sedute nella sua zona di competenza. Ecco che in soccorso dell’attacco gialloverde interviene Calogero, l’unico sempre presente nei momenti più delicati della stagione.
Occorre un briciolo di saggezza tattica per gestire l'importante risultato e portare a casa il tris di primi. È il momento di Gaggi, il quale non ha problemi a dare del tu ad un succulento piatto di pesce, driblato come fosse un birillo! Anche l'apporto dello storico capitano Caiani risulterà decisivo ai fini del risultato: fondamentale il suo lavoro in fase di impostazione davanti ad un immenso piatto di tortellini alla panna e prosciutto: ne studia le mosse, li lascia avvicinare e con una serie di dribbling sullo stretto non lascia loro scampo. Come si sa, la zona nevralgica di ogni partita è il centrocampo. Francini è piazzato bene e da inizio gara attende solo il momento giusto per colpire. L'occasione non tarda ad arrivare e dopo un sombrero ai danni di un vassoio semivuoto di gusci di cozze, si propone in avanti chiedendo l'uno-due a Gori: con questo abile dai e vai arriva praticamente al dolce con la palla fra i piedi. Dopo aver svolto un lavoro oscuro ma prezioso, Marcheselli il trascinatore decide che è arrivato il momento di ritagliarsi un pò di gloria personale: uno con il suo fisico ha il diritto ed il dovere di farsi rispettare. Ruba piatto all'altezza del capotavola, si invola centralmente saltando due fiaschi di vino bianco, già svuotati da Remo ( tanto le analisi le ha fatte il giorno prima! ), e si presenta solo al cospetto di una tagliata al rosmarino. Belardi, sempre presente in tutte le azioni pericolose, è il solito leone in mezzo al campo: si impone su tutti e quando è il momento di mangiare ( e di bere! ) non arriva mai secondo sul piatto! Anche Riccucci non tradisce la sua fama di guerriero: non lascia cadere niente di quello che portano nelle sue vicinanze ed alla fine della cena risulterà l’uomo partita!
E’ dura tenere testa ai più giovani, posizionati proprio a ridosso della riga di fondo: soprattutto quando Bardelli, Landi e Gori, approfittando della loro posizione favorevole, non perdono occasione per innalzare i loro bicchieri di vino, inneggiando ai più disparati “brindisini”!
Ci pensa il presidente a farsi sentire e, a risultato ormai acquisito, non manca di elogiare la propria squadra, rimarcando, qualora ce ne fosse bisogno, come la Ginestra, almeno a tavola, non sia seconda a nessuno!

Dalla Ginestra alle stelle (Pt.8)

Il lampeggiante

Sappiamo tutti che la preparazione atletica, precedente l’inizio del campionato, è forse il periodo più stressante della stagione di un calciatore. La differenza fra i professionisti ed il mondo dell’Arci in fatto di noia durante le tiratissime ripetute atletiche è veramente minima: entrambi non vedono l’ora della partitella. Tornare a casa con le gambe pesanti come un macigno, dopo aver potuto toccare il pallone solo per una ventina di minuti scarsi, renderebbe inquieto anche un santo.
Visto che dalla nostre parti di santi ce ne sono ben pochi, le cose si complicano quando, dopo un sudatissimo allenamento di un giovedì sera di settembre, la vecchia irriducibile guardia decide che non è ancora giunta l’ora di tornare a casa. La serata inizia da Ipo ( per gli amanti della statistiche il locale si chiama “La Buca di Ipo” e si trova a Montevarchi ) per una breve cena ristoratrice, a parziale copertura della poderosa sgambata terminata poco prima sul polveroso campo del Pestello Verde. Tutti a cena, ma con la tentennante promessa di chiudere la serata senza eccessi. In quella fine estate, infatti, il gruppo storico della Ginestra ( che da lì a breve si sarebbe identificato nel sottogruppo “ Pepenero FC ” ) aveva intensificato l’attività extracalcistica notturna, eseguendo un netto salto di quantità e qualità riguardo allo spessore delle uscite. Sfortuna volle che proprio quel giovedì coincidesse con la serata di chiusura del Dolce Verde ( noto Discobar situato in località Castiglion Fibocchi ) e questo rappresentasse, almeno per un paio di elementi della rosa, l’ultima occasione per rivedere e tentare l’assalto finale a due giovani fanciulle, adeguatamente pasturate durante le precedenti settimane.
Ovviamente la cena, da senza eccessi come promesso, si trasformò in un’orgia da tavolo. I primi piatti parevano non smettere più di uscire da quella cucina; le pizze che seguirono, vennero ingurgitate una dietro l’altra in men che non si dicesse. Come degno colpo di grazia per il già elevato livello di colesterolo, una carrellata di dolci sfidava gli stanchi giocatori al termine di una cena formato Champions. Le immancabili caraffe di birra non li lasciarono soli neanche un minuto durante la loro permanenza nel ristorante.
La stanchezza mista all’alta gradazione alcolica fece in modo che, una volta fuori dal ristorante, l’indecisione maggiore fosse solo su quale auto salire direzione ballo del giovedì. La sgommata dell’auto in partenza dette il via a quella che sarebbe stata una delle serate più memorabili nella storia della Ginestra. Fu rispettato la schieramento tattico, già collaudato, della Megane di Sandrone: il proprietario del mezzo nei panni di pilota ( data la sua lunga esperienza, maturata fin dalle prime impennate in vespa lungo via Vespucci ), nel ruolo di navigatore il saggio Capitano ad interim mentre il Presidente ( del Pepenero FC, si intende ) nelle retrovie a controllare che tutto filasse liscio. La partenza in contromano da via Pascoli e la svolta secca a destra in accelerazione bruciante per non perdere gli ultimi millesimi di secondo del semaforo giallo, aiutarono a capire che tipo di serata si prospettava. La derapata a sinistra per immettersi sulla statale 69, che in quel tratto prende il nome di Viale Diaz, sembrava non preoccupare più di tanto gli occupanti del veicolo, visto che la strada, a quell’ora, pareva alquanto deserta! Mai fidarsi delle apparenze, soprattutto nelle desolate arterie valdarnesi, e solo l’occhio vigile del Capitano ad interim riuscì a scorgere in lontananza, ma neanche troppo, un losco figuro in corrispondenza dell’Hotel Delta. Il tipo, con fare deciso, si accingeva ad invadere, a piedi, la carreggiata con fare minaccioso; fu allora che il Capitano gridò: “Cazzo Sandrone! Li sbirri! Svolta a Sinistra!” Nonostante il sangue lottasse dentro le vene per emergere in mezzo ai fiumi di alcol che ci scorrevano, l’ottimo pilota, con una reazione degna del miglior Sebastian Loeb sullo sterro, riuscì ad infilare il muso della Megane dentro via Puccini, senza dare tempo all’agente di alzare la paletta. Sembrava ormai scampata, quando un urlo proveniente dall’auto riuscì persino a sovrastare la colossale voce di Freddy Mercury che, dalla radio, si stava cimentando nel suo classico “I want it all”! Il grido non intendeva, però, emulare la star inglese, ma invitare chi li stava aspettando al varco a non lasciarne fuori neanche un pezzo: “TUTTODENTROMERDEEEEEEEEEE!”
L’auto avrebbe dovuto, a rigor di logica, proseguire il proprio cammino passando da via Gramsci, aggirare così l’ostacolo sfilando dietro lo stadio e proseguendo in direzione San Giustino. Inspiegabilmente, complice forse il mix di tensione unito alla birra in corpo, il pilota rientrò proprio verso via Puccini ( quando si dice sprezzante del pericolo… ) dove, percorse appena alcune decine di metri, all’altezza del rettilineo sottostante la gradinata del glorioso Brilli Peri, un bagliore bluastro si infranse sui vetri della Megane. Con ancora nella mente il rischio corso pochi minuti prima, il Capitano ad interim si sentì in dovere di raccomandare al suo compagno alla guida di rallentare ed accostare, poiché stava sopraggiungendo un’ambulanza. Con tutta l’incoscienza possibile, e l’adrenalina di una serata che stava per decollare, si sentì rispondere di tutto punto: “l’ambulanza una sega, imb…” Non fu in grado di terminare la frase perché un accecante fascio luminoso, a metà strada fra il divino ed il sole nel cortile di Alcatraz, lo colpì in pieno volto.
-“Arrestate il carro motore”- intimò una voce metallica; -“Scendete dalla macchina con le mani alzate e mettetevi contro il muro!”.
Fra l’etilico stupore e l’innocente incomprensione di quanto stava accadendo, i tre divennero prede indifese di un ferreo tutore della legge. Vennero perquisiti, furono verificate le loro generalità e cominciò un vero e proprio attacco verbale, mosso dall’accusa di non portare rispetto a chi, ogni giorno, rischia la vita per il bene di tutti i cittadini. Fortunatamente per il Presidente ed il Capitano, anestetizzati da una balla di ragguardevoli dimensioni, la filippica del tutore della legge scivolò via indolore, mentre per Sandrone, da sempre pronto ad affrontare tutto in prima persona, qualcosa proprio non andava giù. Prese così in mano la situazione, cominciando a controbattere con le seguenti parole, col tempo diventate ormai un racconto cult nello spogliatoio:
- “Guardi, ora non la faccia più lunga del dovuto. In fin dei conti non abbiamo fatto nulla. Siamo stati all’allenamento, guardi ( con notevole classe e naturalezza aprì il capiente bagagliaio della Megane per mostrare le borse griffate GS Ginestra). Poi, che vole, siamo stati a mangiare una pizza e ora s’andava a riprendere la macchina dì Presidente per andare tutti a letto”. Riportare il discorso diretto di Sandrone in dialetto, ovviamente, è un obbligo letterario.
Il rappresentante della legge, accorgendosi di come la situazione gli stesse sfuggendo di mano, volle provare a controbattere:
- “Ma voi avete urlato frasi ingiuriose nei nostri confronti…”
- “Macchè” - lo interruppe subito il roccioso Sandrone, abituato ad intervenire per sbrogliare situazioni ben più pericolose in area di rigore - “s’urlava perché si cantava i Queen, toh! Senta! (E con uno scatto felino, degno di un recupero sull’uomo lanciato a rete, aprì sportello ed alzò lo stereo, dove l’eterno Freddy stava concludendo un altro dei suoi leggendari pezzi ).”
Vista l’esuberanza (e forse anche la splendida forma) del fermato, il poliziotto abbassò il tono, rifugiandosi in un:
- “Ma no, noi si pensava, che voi…”
- “Noooo!” - irruppe nuovamente l’arcigno stopper - “Ma si figuri! Noi vi s’è sempre aiutato, anche quando vu dovevate prendere quelli dell’Arno, co’ i mi’ babbo, vi s’aiutò, tu lo po’ chiedere a i’ Galli…” E qui ci sarebbe da aprire una lunga parentesi, ma non è questa la sede adatta.
Sentendo di non avere più appigli, l’uomo in divisa rese i documenti ai malcapitati, non mancando,però, di rifilare loro la classica serie di ammonimenti su cosa comporti tenere uno stile di vita scorretto e via dicendo.
Nonostante il sollievo provato per l’inatteso lieto fine, la fermata causa lampeggiante spense definitivamente il desiderio dei tre di continuare la serata, anche perché se l’inizio era stato quello… chissà cosa avrebbe riservato il resto della notte! Meglio fermarla lì e rinunciare al serrato baccaglio delle fanciulle che, per quella sera, sarebbero rimaste sole solette ad attendere i loro calciatori.
Dalla serie A fino agli amatori, la voglia di ritrovarsi e stare insieme anche dopo gli allenamenti è sempre la stessa: magari il tasso di goliardia potrebbe essere inferiore, anche se forse non sarebbe la stessa cosa. Certo che giocare nell’Arci, però, ha i suoi vantaggi: ci si conosce più o meno tutti in paese, e, all’occorrenza, ci si può sempre “salvare” ricordando di quella volta che abbiamo aiutato a catturare i malviventi!



Dalla Ginestra alle stelle (Pt.9)

La Sereto della Ginestra

Il freddo e l’umido, che sempre più spesso attanagliano il Valdarno nei mesi invernali, non sono proprio dei toccasana per la già di per sé provata salute dei giocatori dell’Arci. Lontani dal seguire ogni regola o consiglio che li possa aiutare a combattere i temibili agenti atmosferici, spesso si scolano un litro di vino prima di scendere in campo, magari presentandosi all’allenamento con un’ingente quantità di cibo sullo stomaco, ancora da digerire. Spesso approfittano del fatto di fare due corse per poi autolesionarsi in cene che non hanno niente da invidiare ai banchetti natalizi.
Oltre al freddo, bisogna sempre fare i conti con il terreno ghiacciato, principale causa dell’inibizione dei piedini di fata dei ragazzi e colpevole di non farli esprimere al massimo delle loro capacità. Le migliori squadre di serie A, in caso di condizioni atmosferiche avverse, optano per una seduta di allenamento in piscina o sul campo sintetico, solitamente situato all'interno del loro centro sportivo e rigorosamente al coperto. Il Presidentissimo Aldinucci, pur facendo tanto per la sua Ginestra ma non disponendo, tuttavia, della fabbrica dei soldi, non poteva all'epoca, come neanche tutt'ora, permettersi un tale investimento. Se ne valesse veramente la pena, potrebbe farci anche un pensierino, ma visto il materiale umano che si trova per le mani, sostiene lui, meglio lasciar perdere, magari qualcuno, con la scusa del freddo, non si presenta più.
Sono passati più di dieci anni da quella stagione che cambiò per sempre l’approccio alla gara dei giocatori della Ginestra. Fu un autunno freddo quello di allora, seguito da un inizio di inverno a dir poco polare. I ragazzi dell'allora mister Mauro Machetti faticavano ad uscire dal tepore delle loro case per recarsi nella ghiacciaia del Pestello ad allenarsi. Fra le tante innovazioni tecnico-tattiche introdotte dal mister fiorentino, oltre a particolari esercizi di stretching dedicati alla zona lombare accompagnati da irripetibili affermazioni ed alla immancabile partitella a tre porticine, ci fu quella di spostare in palestra uno, almeno inizialmente fu così, dei due allenamenti settimanali. L'iniziativa venne accolta con calore da quasi tutta la dirigenza, per non parlare del sollievo dei ragazzi, finalmente liberati dall'umida morsa del gelo serale. Solo il Presidentissimo, nella sua consueta diffidenza verso il non tradizionale, non fece salti di gioia.
Così venne presa l'abitudine di ritrovarsi presso la Palestra Salus di Terranuova Bracciolini, impianto dotato, oltre che di una fornita sala macchinari, anche di un comodo campo di calcetto coperto. Abituati alla faccia di Remo, ogni volta che entravano nei freddi spogliatoi, il passare dalla reception di un'affollata palestra come quella fu un rifiorire dei sensi a 360 gradi. Abituati al puzzo di varechina del pavimento del Pestello, il profumo di donna regalò un anticipo di primavera ormonale fuori stagione. Il dimoiare dell’ormone fu la logica conseguenza alla vista di tutto quel ben di Dio, sempre intento a fare ginnastica nelle pose più sconvolgenti. La voce si sparse subito e per fare la partitella sul campo di calcetto della palestra, occorreva ormai fare un mini-torneo da quattro squadre, tale era il numero dei presenti, quando al campo marmato del Pestello, a fatica si riusciva a fare un cinque contro cinque!
Il calcetto in palestra andò avanti per una buona parte di tempo e venne intensificato sotto le feste natalizie. Al momento della ripresa, la Ginestra era di scena in quel di Sereto. Forti delle prestazioni sfoggiate fino a quel punto della stagione, i ragazzi di Machetti seguirono lo schema classico dell'allenamento in palestra.
Quella mattina Sereto era ricoperta da una spessa brina che poco aveva a che vedere con il campino della Salus. Pronti via, si capisce subito che non è giornata per i gialloverdi, ma da lì a prevedere quello che sarebbe successo ce ne voleva. Sarà stato il poco preavviso con cui era stata comunicata la data del recupero, oppure il freddo pungente di campagna, sta di fatto che i gialloverdi di Machetti stentavano, vagando spersi per il rettangolo di gioco. Carlo, il perforante stantuffo laterale, punto di forza dell’offensiva gialloverde, non riusciva a sfondare come al solito sulla fascia di competenza. Dura quando gli altri ti passano accanto al doppio della velocità e non sai come fermarli: tale era l'imbarazzo tecnico-comportamentale in quella fredda mattinata a Sereto. Ad aggravare la situazione, scoppiarono pure delle feroci discussioni fra compagni di squadra: memorabile il continuo beccarsi fra Sandrone, mai una volta chiudesse quella bocca ( e ci credo, diranno i più! ) e Vetrino, quello vero che si rompeva solo a guardarlo, con i due che rischiarono di venire alle mani. Una partita di calcio non è un enigma complesso difficile da decifrare: quando una squadra non segna, o lo fa meno dell'avversario, e la difesa si prende giornata libera, può solo perdere. Ovviamente c'è modo e modo di riportare a casa una sconfitta: il 4 a 2, che suonò come un sonoro ceffone a cinque dita, non fu il miglior modo di iniziare l’anno per la Ginestra.
Soprattutto non fu tale da poter esser digerito dal Presidentissimo Mario Aldinucci. Qua occorerebbe una digressione grande quanto mezzo secolo di storia di contemporanea per spiegare il personaggio e tutte le sue sfumature. Mi limiterò col raccontare, tanto perché chi non lo conosce possa inquadrare il personaggio, che quando assiste ad un evento sportivo a cui tiene particolarmente, difficilmente si controlla. Ne sanno qualcosa gli allenatori passati sotto la sua gestione. Il sua raggio d’azione non si limita, per la gioia di svariate federazioni, solo al calcio. Ancora tremano, nel tentativo di mantenere l’equilibrio sul precario seggiolone, i poveri arbitri di pallavolo, vilipesi e scossi dalle potenti scatellate del presidente! La figlia, ottima schiacciatrice della Volley Arno, quando le urla del padre cominciarono a sverniciare le mura della palestra, decise di lasciar perdere con lo sport, resasi conto che se anche avesse deciso di giocare a bocce, l’avrebbe seguita pure al pallaio!
Immaginate quando a giocare era la Ginestra. Oggi, certe volte, per evitare incidenti diplomatici con giocatori e collaboratori, preferisce restare a casa; una volta, però, non aveva maturato tutta questa saggezza tattica e di partite, per la sfortuna dei suoi ragazzi, non ne saltava una. Era impossibile, quindi, che si controllasse dopo l'indecoroso quattro a due di Sereto. In molti, terminato l'incontro, già pensavano a quale scusa inventare per non presentarsi all'allenamento del martedì, quando sicuramente la rabbia del presidente avrebbe avuto sfogo. Contrariamente alle sue abitudini, il patron gialloverde non riuscì ad aspettare fino al primo allenamento utile: i ragazzi erano appena entrati negli spogliatoi, quando al comparire della sagoma del vulcanico presidente calò un silenzio surreale. Sapevano bene tutti di non avere più scampo. Lo sfogo fu memorabile, al pari di quello di Trapattoni ai tempi del Bayern e di quello del Malesani furioso in Grecia. Mi scuseranno i puristi della lingua italiana, ma devo ricorrere all'uso del nostro amato dialetto per rendere meglio l'idea della veemenza con cui furono pronunciate quelle parole.
L'esordio fu senza tanti giri di parole: “... qui un c’è più impegno, e vu andate a giro pe’ i’ campo senza sapere indò…senza voglia, senza cervello, com’un branco di pehore…e vu andate a du’allora…e c’è ma da allenassi qui…” piccola pausa solo per riprendere fiato dopo lo sfogo in totale apnea : “... e poi, i CARCETTO???? Ma che cazz…I carcetto… la SOCIETA’ SI DISSOCIA DA I’ CARCETTO!!”
L’atmosfera era tragicomica, ma ancora doveva venire il meglio. Non aveva finito di tuonare e riprese:
“ …perché se qui c’è qualcuno che pensa d’esse bravo, non c’ha capito una sega…VOI SIETE LO SCARTO, LA FECCIA, I’ RIFIUTO DI TUTTI I CAMPIONATI!!!”
Il buon senso e l’esperienza maturata in anni di sfuriate, avrebbero consigliato un meditativo silenzio: si sa, il presidente quando sbotta sbotta, è un vulcano in eruzione impossibile da arrestare. Forse, a causa la stanchezza sommata allo stress della cocente sconfitta, da un angolo dello spogliatoio si udì una flebile voce:
“ Si, però anche te Mario…” Non ebbe il tempo di aggiungere altro il povero Carlo, che venne investito da un fiume in piena di parole, fuoriuscite dalla bocca del presidente:
“ SII…Anch’io…! Ma se la domenica un’ho voglia sto a letto!” Non lasciando possibilità di replica a nessuno dei presenti. Sbattè la porta e lasciò lo spogliatoio.
Fortunatamente per la Ginestra, la sconfitta di Sereto non ebbe ripercussioni sul proseguo del campionato; merito di un gruppo solido in grado di esprimere un ottimo calcio e di divertirsi tutte le volte che scendeva in campo. Probabilmente quella sfuriata contribuì a non prendere più alla leggera certi impegni ed a chiarire, una volta per tutte, quale fosse lo spirito del presidente.
Pare forse inutile dirlo, ma le sedute di calcetto in palestra subirono una drastica riduzione!

Dalla Ginestra alle stelle (Pt.10)

Sardegna da scoprire (Pt.1)

Era la metà degli anni novanta, ma allora come oggi la scusa di poter svolgere la rifinitura della preparazione estiva lontano dalle colonne d'Ercole della Gruccia era cosa assai gradita ai giocatori, dirigenti e tifosi della Ginestra.
Quell'anno si sentiva forte in casa gialloverde il bisogno di iniziare la stagione con il piede giusto, dopo due stagioni anonime sotto la guida di mister "mi metto": ancora oggi si ricordano le sue tragicomiche letture di formazioni negli spogliatoi. Sergio "mi metto" Chiassai aveva ancora un'ottima visione di gioco e non disdegnava di auto schierarsi come libero, con tanto di classico numero sei sulle spalle: il culmine lo raggiungeva al momento di comunicare la formazione ai ragazzi, quando procedeva spedito fino al momento di pronunciare il suo nome e con la massima naturalezza possibile annunciava fiero: “mi metto!”.
Nonostante il suo inserimento in formazione, le stagioni erano state comunque avare di risultati e tutti sappiamo come la pazienza del presidentissimo Aldinucci avesse, oggi come allora, una soglia alquanto bassa: la panchina della Ginestra venne così affidata a Mauro Machetti, uno destinato a scrivere pagine memorabili di storia con i colori gialloverdi.
Grazie alle origini ed alle amicizie ancora vive di Rosario Pudda, altra colonna portante della Ginestra, nella sua terra natia, venne organizzato una sorta di gemellaggio con il paese di Orotelli ( in lingua sarda “Oroteddi” ), comune con più di duemila abitanti situato a circa 15 km dal capoluogo di provincia Nuoro ed arroccato a circa 400 metri sopra il livello del mare. Una terra nota per la sua tradizione agricola e la massiccia testimonianza storica, tutt’oggi ancora viva nei nuraghi.
Dal momento della proposta della trasferta sarda all'atto di fissare pullman e traghetto non passarono, credo, più di 24 ore. Il gruppo era carico, avanzava spavaldo verso l'imbarco del traghetto come una vera squadra di calcio, indossando la stessa uniforme e specchiandosi nelle onde del mare come dei veri divi in attesa dell'assalto delle tifose sarde. Il comandante della nave, pensando di avere a che fare con una squadra seria, rispettando un rigido protocollo si rivolse all'allora capitano dei gialloverdi, Baleno, chiedendo dove fossero diretti. Nessuno dei presenti, dai compagni di squadra ai dirigenti e tifosi al seguito, osò inserirsi in quel dialogo fra pari grado ed attesero la risposta di Baleno che, tenendo fede al proprio nome di battaglia, non tardò ad arrivare. In maniera del tutto naturale e sicura rispose solenna al comandante: "In Sardegna!"
L'attonito equipaggio abbozzò un sorriso di cortesia, mentre gli ammutoliti ginestrini avrebbero dovuto intuire che quella trasferta non avrebbe potuto promettere granché con tali premesse!
Archiviato il caso Baleno, la traversata procedette molto bene, il morale dell'allegra brigata era alto ed il pensiero di incontrare tutte sosia di Elisabetta Canalis era ormai opinione largamente diffusa. L'unico a predicare saggezza, forse perché cosciente della situazione storico sociale del luogo, era Rosario, il quale non aveva ancora capito di avere a che fare con un branco di lupi affamati che a tutto pensavano meno che all'aspetto ludico-sportivo del gemellaggio!
Le procedure di sbarco si svolsero senza particolari problemi e la Ginestra si ritrovò, per la prima volta nel corso della sua gloriosa storia, in terra sarda. La prima cosa che facciamo una volta arrivati in un luogo sconosciuto, sia un'isola deserta o una grande metropoli, è quella di partire in esplorazione per vedere cosa ci circondi: i gialloverdi di Machetti si dimostrarono più che felici di perlustrare la zona ed in men che non si dicesse il tranquillo paesino di Orotelli venne letteralmente invaso da un torrente di sguaiatezza in piena.
D'obbligo fu la visita nel centro storico, ricco di luoghi da visitare e di negozi con prodotti tipici del luogo. In uno di questi, fra i tanti souvenir esposti, qualcosa catturò l'attenzione dell'esperto Caposciutti, uno abituato a non fallire gli appuntamenti con la storia. Fermo davanti alla vetrina, notò un'inquietante somiglianza fra le tipiche maschere sarde, i mamutones (più comunemente conosciute da queste parti come “sos thurpos” ) e qualcuno della sua squadra. Incuriosito da questo particolare, decise di andare a fondo ed entrato nel negozio si fece spiegare l'origine di quelle maschere, tipiche del carnevale sardo, dalle forme così particolari. Una volta capito il tutto, rivelò al negoziante un'informazione destinata a cambiare il corso della storia locale: lo stampo dei mamutones, o meglio il vero esemplare in carne ed ossa, lo aveva la Ginestra in squadra! Promise di mostrarglielo quanto prima. Solo il tempo di tornare al quartier generale ed invitare, con una scusa per non destare troppi sospetti nell'interessato, gli altri compagni di squadra ad uscire. Condotti anche gli altri di fronte al negozio di souvenir, Caposciutti si fermò davanti alla vetrina chiamando l'attenzione della proprietaria: appena incrociò lo sguardo della gentile signora, svelto si affrettò ad indicare la faccia di Sandrone, senza che questi se ne accorgesse. La risata a doppia ganascia della signora non ebbe bisogno di commento: avevano la stessa espressione!
Dopo la breve parentesi del centro storico, la squadra si divise in due gruppi. I più disciplinati si diressero al campo di gioco di Orotelli per saggiarne le condizioni e prendere confidenza con il terreno: una sorta di pietrisco color nero vulcano che alla sola vista bruciava la pelle. I più curiosi, circa una decina di elementi, ebbero la brillante idea di noleggiare due macchine e partire in esplorazione. Un giro turistico che dall’altipiano del Supramonte li condusse fino alle meravigliose acque di Cala Luna. Complice anche la gara del giorno dopo, la giornata si concluse senza eccessi spropositati.
Quella partita segnò l'inizio dell'era Machetti sulla panchina della Ginestra. L'evento venne curato in ogni minimo dettaglio e per l'occasione fu inaugurato un nuovo completo tutto bianco con lo stemma di Montevarchi in bella mostra sulla spalla: piccolo particolare da non trascurare fu la pesantezza invernale del tessuto e le maniche irrimediabilmente lunghe!
Già da quanto si poteva vedere nel riscaldamento, i sardi ci tenevano a ben figurare fra le mura amiche e non lesinavano in impegno. Il primo tempo fu un vero e proprio bagno di sangue: i locali perforano la difesa ginestrina a ripetizione. Il portiere dell'Orotelli, evidentedente a suo agio su quel deserto ciottoloso, si esibiva in scivolate scintillanti ( nel senso che si vedevano le scintille! ) e non lasciava passare niente. Durante l'intervallo, dato il pesante passivo accumulato ed il clima amichevole della partita, invece del solito the caldo scorrevano fiumi di Ichnusa, la celebre birra sarda. Alla fine il risultato parlava chiaro: Orotelli 5 - Ginestra 1!
Evidentemente i sardi reggevano meglio anche la birra! La rete della bandiera per la Ginestra fu segnata dal generoso Giuliano lo Scalzo. Beh, la partita, alla fine dei conti, non era poi il motivo principale del gemellaggio calcistico con la squadra del paese natale di Rosario: la trasferta in terra sarda, infatti, doveva riservare ancora molte emozioni per i ragazzi della Ginestra!

Dalla Ginestra alle Stelle (Pt.11)

Festa sarda (Pt.2)

Archiviate le cinque reti sul groppone con una bella doccia fredda, la truppa gialloverde si preparava alla festa in loro onore organizzata dalla gente del posto, prevista per la serata nel centro del paese. L'Ichnusa, vera protagonista della giornata ed ingurgitata durante e dopo l'incontro, contribuiva visibilmente ad alimentare quel clima goliardico, tendente all'euforico, che si era impossessato dei ragazzi di mister Machetti.
Il ricco programma prevedeva balli folkloristici in costume tipico del luogo e la fantastica esibizione dei tenores: i ragazzi rimasero profondamente colpiti dall'abilità dei tradizionali cantanti sardi, bravi a non stonare neanche una nota dopo aver bevuto un secchio di Cannonau a testa! Venne spiegato che serve a schiarire la voce! Ovviamente tutti vollero provare ed i risultati canori furono peggiori di quelli riportati sul campo il pomeriggio. Nel frattempo, alcol sommato ad altro alcol, contribuiva solo ad aumentare il grado di incoscienza fra i ragazzi provenienti dal continente, i quali non impiegarono molto tempo a socializzare con le simpatiche persone del posto. Il clima di festa paesana contribuì in maniera decisiva affinché le barriere culturali cadessero molto velocemente; così, prima ancora che il presidentissimo Aldinucci se ne accorgesse, vide sparire uno ad uno i suoi ragazzi dentro macchine targate NU che, neanche troppo lentamente, si allontanavano dal centro. Facendo mente locale sull'antica tradizione, tipica di quelle parti, circa il metodo di sbarazzarsi delle persone scomode, credette di esser riuscito a liberarsi di quel branco di fannulloni una volta per tutti. In realtà, quella mandata di ginestrini erano riusciti a farsi prendere in simpatia persino dai ragazzi del posto che, non comprendendo bene con chi avevano a che fare, ebbero pure la geniale idea di invitarli a casa loro per un piccolo spuntino prima della cena ufficiale.
Persone ospitali come sardi sono difficili da trovare in giro, solo che la speranza dei gialloverdi era quella di ottenere qualcosa di più della semplice ospitalità. Di fronte alle tante bellezze dell'isola, le ragazze del posto non erano affatto seconde alle limpide acque di Stintino. Solo che non funzionava proprio come pensavano e se da una parte il pieno di Ichnusa incoraggiava a lanciarsi alla conquista, dall'altro la faccia torva di chi li aveva introdotti nelle proprie abitazioni, accogliendoli come fratelli, non prometteva niente di buono. Fortuna volle che le simpatiche ragazze del luogo presero sul ridere le avances, neanche troppo velate, dei montevarchini ed il clima si mantenne allegro, con buona pace di tutti.
Una volta rientrati in paese, riuscirono a sedersi a tavola per la cena organizzata dentro la scuola locale solo intorno alle 2 del mattino, dopo aver avuto il coraggio di visitare tutti i bar di Orotelli. Rigettante fu il primo impatto con l’odore di pecora lessa che aleggiava nella sala, vero piatto forte della cucina locale. Prima, però, di affondare la forchetta sulla pietanza principale della nottata, fu innumerevole la serie di antipasti e primi piatti che sbarcò sul tavolo della Ginestra: una mangiata storica che segnerà il cammino di ritorno dei colori gialloverdi. Le facce dei ragazzi con la bocca piena di pecora lessa nel tentativo di buttarla giù erano tutte un programma: chi fingeva di gustarne il sapore, chi l’affogava con l’Ichnusa, chi, preso dalla disperazione, ingurgitava mezzo chilo di pane pur di spingerla nello stomaco!
Fu un’impresa dura, ma dopo due ore di sanguinosa battaglia giunse il momento di fare ritorno verso Nuoro, dove occorreva fare le valige per poi dirigersi ad Olbia, dove alle 5 li aspettava il bus. I saluti con i nuovi amici furono calorosi ed al limite della decenza, visto l’elevato tasso alcolico nell’aria e nel sangue dei presenti. L’invito a contraccambiare l’ospitalità a Montevarchi con i ragazzi di Orotelli sembrò, a quei pochi ancora rimasti sobri, un autentico suicidio residenziale: nel senso che sarebbero stati cacciati tutti, autoctoni e non, a suon di calci nel sedere dal nostro sindaco dopo la prima serata passata ad imbrattare di vomito la via Roma ed il centro storico!
Ore 5: in attesa del pullman che li portasse al traghetto, Baleno e compagni tentarono di restare in piedi sfidando l’Ichnusa assimilata e la pecora lessa che ancora si ributolava dentro lo stomaco manco fosse viva. Baldino, figura storica della Ginestra, decise di prendere una Coca al bar dell’hotel per cercare di alleviare il senso di pesantezza ovina: il tempo di mandare giù il primo sorso, che un possente getto di brodaglia gastrica ricoprì con uno spaglio olimpico le pareti dell’edificio. Quando si dice il connubio coca a pecora o pecora a coca che dir si voglia!
Il tragitto in pullman verso il traghetto non ebbe miglior sorte: in confronto la via crucis era stato un rapido senza fermate. Ogni 3 kilometri il povero autista era costretto a fermarsi perché qualcuno aveva bisogno di un po’ d’aria: appena messa la testa fuori, la boccata di vomito era istantanea.
Le cose non migliorarono di molto in traghetto, dove l’imbarazzo gastro – intestinale si rivelò tragico: i bagni risultarono presto monopolizzati dalla Ginestra, complice anche le condizioni del mare, con buona pace degli altri viaggiatori. Visto l’affollamento in area toilette e le condizioni precarie in cui erano stati ridotti i bagni, Sandrone, vittima della dissenteria ovina, fu costretto a liberarsi posizionato in piedi sulla tavoletta: un numero d’alta scuola che evidenziò le doti fisiche del roccioso centrale gialloverde. Fu praticamente così che passò le 9 ore di traversata. Come lui, molti altri compagni di squadra passarono il tempo in preda a conati di vomito e strizzoni intestinali di pecora lessa.
Nonostante l’anno fosse iniziato con questa infausta trasferta, la stagione che seguì fu una fra le più gloriose nella storia della Ginestra: con una partenza in sordina, lontani anni luce dai favori del pronostico, i ragazzi di mister Machetti seppero formare un gruppo unito, capace di approdare alla finale di campionato e di vincerla grazie ad un eurogoal di Nundini.
Proporrei al presidentissimo un altro ritiro pre-campionato per la prossima stagione: più nefasta sarà la trasferta, maggiori saranno le probabilità che la Ginestra disputi un ottimo campionato!


Dalla Ginestra alle Stelle ( Pt. 12 )

Terminate le ricerche di Caposciutti

“ Adesso possiamo finalmente tirare un sospiro di sollievo: l'esperto fantasista della Ginestra ha fatto ritorno alla propria abitazione, seppur provato e spaventato, dopo una serata passata a vagare nei boschi sopra Montevarchi.”
Queste furono le dichiarazioni rilasciate a caldo dai compagni di squadra di Caposciutti al termine della lunga seduta di allenamento che aprì la stagione 2010/11. Un'avventura terribile quella capitata ad una delle bandiere gialloverdi, protagonista di mille vittorie ed autore di reti spettacolari nelle tante stagioni di militanza con la maglia della Ginestra.
Tutto cominciò proprio il primo giorno di allenamento della stagione appena iniziata: il ritrovo era in origine il polveroso campo del Pestello Verde, già teatro di epiche fatiche nel corso delle precedenti stagioni. Come nella tradizione delle migliori squadre di calcio, amatoriali e non, i primi giorni di ritiro non prevedono neanche lontanamente l'utilizzo del pallone. Quindi, deposta a malincuore ogni velleità di partitella, sotto a più non posso con la parte atletica sotto l'attenta direzione del sergente di ferro Vannini. Ovviamente dopo un'estate di bagordi e gelati trangugiati in riva al mare, ritrovare la condizione a suon di salite non risultò un compito facile per i gialloverdi. Proprio il tecnico Vannini, appena arrivato sulla panchina gialloverde, dimostrò subito di avere le idee chiare ed il trittico di salite fra i boschi con pendenze da Tour proposto alla sua prima seduta atletica resterà marcato nella storia della Ginestra.
Pronti via il gruppo parte con la scalata verso la Selva per poi scollinare a San Marco salvo poi riscendere per ricominciare il giro infernale. Comprensibilmente non tutti riescono a tenere il passo del gruppo ed aver lasciato l’asfalto per le pendenze irregolari del bosco non facilitano il compito: a rotazione qualcuno si stacca, ma come nelle tappe più dure di montagna, a turno qualcuno rallenta per ricondurlo insieme agli altri, onde evitare che diventi preda degli affamati cinghiali del posto.
È proprio in questo gioco di distacchi e rientri che Caposciutti si trovava sempre più spesso solo in fondo al gruppo, fino a quando perse definitivamente contatto. Fin quando la lucidità riusciva a domare la fatica, qualcuno del gruppo si ricordava sempre di attenderlo. Una volta aumentato il ritmo e calata la notte sui boschi alle pendici di Moncioni, Caposciutti si è vide costretto a fare gara a sé: un allenamento non più mirato a fare fiato né tantomeno a saggiare le condizioni delle proprie gambe in vista dell'esordio in campionato. Il solo ed unico scopo divenne quello di uscire da quella selva oscura e ritrovare la via di casa. In quei momenti ogni piccolo rumore veniva amplificato dalla propria mente come terrificante e spaventoso. Quando la paura prende il sopravvento sulla ragione si comincia a girare in tondo senza ricordare il cammino più semplice ed ogni biforcazione della strada assume i contorni di un dubbio amletico. Era davvero dura quando pure il buio si divertiva beffardo a fare da cornice ad una serata che ormai da tempo, per il sempre più solo Caposciutti, aveva abbandonato lo spirito goliardico dell'allegra brigata per trasformarsi in un vero e proprio incubo. Il primo pensiero fu quello di avvisare casa: con sé non aveva però il cellulare e mettersi ad urlare non pareva essere la soluzione migliore. Non restava che sperare in qualcuno del gruppo: una volta rientrati al campo, avrebbero notato la sua assenza e forse sarebbero tornati a prenderlo. Nel frattempo neanche l'operazione di avvicinarsi alla strada era fattibile, perché proprio a causa del buio, reso ancora più scuro dalla fitta boscaglia intorno a Caposciutti, era diventato difficile perfino evitare di abbracciare qualche quercia! . Ad ogni passo sembrava che l’intera foresta avesse ordito una congiura per scricchiolare in modo alquanto sinistro sotto i suoi passi, provocando l'inevitabile conseguenza di fargli gelare tutto il sangue nelle vene.
Quanto rimpianse di non esser rimasto in negozio a fare chiusura, lo sa solo Nostro Signore! Quella sera di sicuro non avrebbe borbottato se fosse salito sul 19.13 in parte da Santa Maria Novella, nonostante fosse sempre pieno zeppo e con i sedili laidi come un porcile, perlomeno sarebbe arrivato a Montevarchi non prima delle 20.00, fuori tempo massimo per l'escursione programmata da mister Vannini ed avrebbe sicuramente cenato in famiglia come la sera prima. Seduto nella seconda carrozza come da tradizione, avrebbe potuto importunare la malcapitata di turno, lessandola dalla cazzate fino a quando, pur di mettere fine a quel supplizio, lei avrebbe abbozzato un sorriso di cortesia, con non curanza collocato le cuffie dell’iPod e voltato la faccia verso il vetro lasciandosi cullare dal dondolio del treno sperando di cadere quanto prima fra le braccia di Morfeo! Sperso nella foresta, gli unici mammiferi con cui avrebbe potuto scambiare due parole di conforto emettevano dei suoni poco rassicuranti e le leggende che si raccontavano circa gli attacchi sempre più frequenti di cinghiali o peggio ancora di lupi mannari non contribuivano certo a tranquillizzare Caposciutti. Se avesse anticipato quella noiosa trasferta di lavoro a Milano, invece che nei boschi sopra Montevarchi si sarebbe trovato a contare i nuovi articoli ordinati per il negozio senza dover raccomandarsi a tutti i Santi del paradiso perché qualcuno lo venisse a prendere per riportarlo a casa.
Fortunatamente, come in tutte le storie, anche questa ha un lieto fine: nel caso di Caposciutti, porta le sembianze del fedele compagno di squadra Bardelli, coraggioso a tal punto da tornare indietro sfidando le tenebre più oscure pur di ricondurre al campo il compagno di squadra. Un gesto eroico che va oltre il semplice fatto di condividere la stessa maglia e che resterà scolpito nella mente del disperso per molto tempo. Per il futuro le soluzioni possono essere due: passare tutta l’estate ad allenarsi per non perdere il passo dei primi alla ripresa degli allenamenti, oppure disertare in toto la prima settimana di gran fondo presentandosi direttamente alla partitella! Passata la paura, Caposciutti dichiarerà pubblicamente che per quella strada non ci tornerà neanche in auto!

Dalla Ginestra alle Stelle (Pt. 13)

"Io sto col Gallo!"

E se un bel giorno il canto del gallo si trasformasse nel ruggito di un leone, quanti sarebbero gli equilibri costretti a cambiare? Un intero mondo di certezze crollerebbe nell'istante di un colporavvicinato, nella frazione di secondo in cui un tocco di destro scuote fragoroso la rete. Immaginate lo stupore e l'incredulità del regno animale nel vedere un incerto gallo zoppicante, fino a quel momento claudicante in mezzo all'aia, ruggire impetuoso a centropcampo con un fare minaccioso che lo incorona di diritto re della giungla.Il gallo, solitamente abituato ad esibirsi per le gallinelle che lo circondano, nel pollaio della Ginestra si era stranamente ritagliato un posto all'ombra, mettendosi in evidenza solo per il duro allenamento al quale si era sottoposto fin dal primo giorno, mantenendo però un profilo costantemente basso.
I primi sintomi di risveglio, figli di un orgoglio mai domo, apparvero nella disastrosa trasferta diSereto dove francamente fu l'ultimo ad arrendersi. Da quel momento il Gallo ha avutomeritatamente più spazio e non ha deluso le aspettative di mister e compagni. Nessuno, certo, si aspettava che il canto del gallo potesse racchiudere dentro di sé tante emozioni, pronte ad esplodere al primo momento utile. Emozioni così significative che hanno fatto di lui l'emblema della riscossa, il simbolo della rivincita morale, l'esempio vivente di chi ha creduto sempre in se stesso e lo ha dimostrato a chi invece in lui non credeva ormai da tempo.
Il Gallo, sin dalla notte dei tempi, non è ammesso a lottare per la conquista del territorio con i ben più quotati predatori della savana, al massimo può ottenere un pollaio, ma solo a patto che sia solo lui il gallo con la G maiuscola. Invece il Gallo gialloverde, con una zampata degna del più feroce dei leoni, ha sovvertito gli equilibri sociali, in barba alle leggi della natura in vigore dai tempi preistorici di Adamo ed Eva. Come se la sua prodezza non fosse bastata, come se il fatto di aver rimediato ad una partita ormai persa non fosse ancora gioia sufficiente, ha voluto ribadire il concetto affinché fosse chiaro a tutto il Pestello. Eccolo risalire verso il centrocampo in preda allo stesso allegro demonio che in una calda serata madrilena del 1982 aveva assalito Tardelli dopo la rete alla Germania: dalla bocca del Gallo sfocia ormai inarrestabile una fragorosa cascata di espressioni non proprio amichevoli nei confronti di chi lo aveva sottovalutato, non ritenendolo importante per il progetto. Il dito svetta alto verso il cielo come per ricordare a tutti che oggi é il suo giorno, é arrivato il momento della rivincita del Gallo e chi non sta con lui puòtranquillamente andarsene a fare un giro.
Grazie Gallo per quei 5 minuti di intensa emozione umana che ci hai regalato: un qualcosa che va al di là del calcio e rientra a pieno diritto nella hit parade dei pochi attimi di soddisfazione che caratterizzano la noiosa esistenza di un uomo. Già a suo tempo abbiamo ripreso ilcomportamento non proprio signorile, seppur giustificandolo, del Gallo, che comunque a fine gara si è scusato con la dirigenza avversaria ed ha spiegato le proprie ragioni. Era però importante ribadire, attraverso queste poche righe, l'importanza di quei 5 minuti di pura orgogliosa follia che sono riusciti a trasformare un gallo in un leone. Un esempio per tutti noi: crediamoci sempre, non molliamo mai, che prima o poi arriverà il nostro momento. Grazie Gallo, aspettiamo altri ruggiti nella prossima stagione.

Dalla Ginestra alle Stelle ( Pt. 14 )


I veri eroi

"Ciao cara! Senti io oggi dovrei uscire prestino.. Sai la partita comincerebbe verso le 14..." Attimo di silenzio prima della risposta: "La partita?! Ma che partita!!! Ti sei forse dimenticato che dopo pranzo devi ,in sequenza, portare fuori il cane, cambiare l'acqua ai canarini, accompagnare il bimbo al catechismo ed una volta rientrato a casa aiutarlo con le equazioni matematiche. Guarda anche di fare in fretta con lui, dato che poi dovresti passare a comprare due foglie d'insalata all'Ipercoop!

" Seccasse tutta l'insalata e chi la compra!" Aveva bofonchiato prima che la moglie terminasse di enunciare il suo lungo programma.
"Domani a pranzo facciamo la gratella con dei crostini come antipasto. Sai viene mia mamma, ci tiene tanto a vederti!"
" Che culo però... Anche la suocera fra le palle domani!" Breve ma inteso, come del resto il suo tiro dagli undici metri, il commento del marito.
Questo sarebbe un esempio di un tipico sabato pomeriggio richiesto ad giocatore amatoriale con famiglia e tutti gli annessi. Poi, come sappiamo, esiste un'enorme differenza fra il dire ed il fare, fra i proclami di inizio stagione ed i risultati ottenuti a giugno. Non sempre i desideri, o meglio gli ordini, di mogli/compagni/fidanzate, come del resto quelli di società ed allenatori, vengono eseguiti.
Nel corso di questi anni, posso dire di averne viste di tutti i colori: mariti e padri di famiglia che uscivano di casa subito dopo pranzo dicendo di fare un salto al super mercato per poi rientrare nel tardo pomeriggio con il cellulare completamente scarico a causa delle migliaia di chiamate perse ricevute dalla moglie! E che alla domanda " Perché non mi hai avvisato che tornavi tardi ?" Avevano pure il coraggio di rispondere che il cellulare si era scaricato!

Alcuni, pur di nascondere di essere stati a giocare, lasciavano perfino la borsa con i panni sporchi a casa di amici, per poi passare il giorno dopo a riprenderla e sistemarla, alla meno peggio, per la prossima partita, lasciandoci magari dentro un arbre magique al pino silvestre a macerare nel tentativo di coprire gli afrori più acuti!
Degli eroi moderni che rientravano a casa come se fosse la cosa più naturale del mondo, incuranti delle ire funeste della consorte andavano incontro al proprio triste destino con la stessa dignità di chi esce dal campo al testa alta. Nella maggior parte dei casi, appena messo piede in casa, partivano le scuse più improbabili del tipo: " Sai, non volevo andare a giocare, ma poi ho trovato per strada quel mio amico che non vedevo da tempo, una chiacchiera tira l'altra, abbiamo fatto un po’ tardi. A quel punto eravamo praticamente davanti al campo, così ho risposto alla convocazione del mister ( messa così suona più ufficiale, magari si ammorbidisce...spero!) ". Intanto la salivazione comincia ad azzerarsi, cala quel gelido silenzio nel quale stridono solo i vani tentativi di arrampicarsi sugli specchi prodotti dall'imputato. La moglie si rivela un osso duro, uno di quei marcatori ad uomo vecchio stile che ti segue a tutto campo. Ecco una finta nel tentativo di smarcarsi dalla sala verso il bagno, ma non si passa, l'avversario é ben disposto in campo. Dietrofront, colpo di tacco, la borsa da gioco lanciata verso il corridoio come ad ostacolare la corsa dell'inseguitore, ed eccolo puntare dritto le scale che portano alle camere. In men che non si dica, la moglie commette un fallo da cartellino giallo strattonandolo per la giacca, ma lui non si ferma e prosegue la sua corsa verso la  porta...di camera. Vorrebbe chiudersi a chiave, ma il difensore è già lì: neanche Gentile seguiva il centravanti nella propria meta’ campo in maniera così asfissiante!

Tenta la via del dialogo a gioco fermo:" No vedi, la partita di oggi era veramente importante.. Sinceramente pensavo di far prima, ma ho dovuto giocare tutta la gara... Sai eravamo contati!" Inutile, ogni tentativo di persuasione risulta vano. Sul campo quel pomeriggio si era smarcato con più facilità, nonostante la ruvidezza dei difensori avversari.
La sfinge che si era impossessata del volto della moglie non accennava mutare espressione. Finte e contro finte, ma il difensore non arretra di un millimetro. Non rimane altro che provare la giocata, quella per cui i tifosi potranno osannarti come un Dio oppure condannarti alla dannazione sportiva eterna.
Chi ha detto che il calcio é solo forza fisica, tecnica ed libri di tattica? Occorre anche una buone dose di faccia da culo! Eccolo calare il jolly con tono pacato e sicuro: "Tornando dal campo, ero fermo in fila con l'auto, così ho notato che hanno riportato quelle borsette carine che desideravi da tempo in quel negozietto dietro l'angolo". Il difensore pare aver abboccato alla finta, retrocede quel tanto che basta da permettere al nostro eroe di riguadagnare la via delle scale. 
Neanche 5 minuti e tutto pare rimediato: il pericolo sembra scampato con la mogliettina apparentemente buona buona in viaggio verso il negozio di pelletteria. Un sabato pomeriggio costato un po’ caro, ma viste come si erano messe le cose, un pareggio alla fine pare il risultato più giusto.
Al rientro a casa, proprio in zona Cesarini, ecco la beffa: finalmente la moglie apre bocca, ma solo per ricordare al nostro eroe che le cose da fare ad inizio pomeriggio sono rimaste tali e molto candidamente lo invita a farle quanto prima. L'acquisto della borsa era servito praticamente a poco, se non ad alleggerire il portafogli del nostro fenomeno, visto che dai doveri domestici é praticamente impossibile sfuggire.
Eccolo a fine giornata, dopo tante emozioni vissute sulla propria pelle, provare l'ebbrezza di farsi portare a spasso dal mastino napoletano che tira più di un bue in calore per poi, in rapida successione, svernare sui libri di matematica e chiudere in bellezza ai fornelli tenendo d'occhio il sugo dei crostini in vista del pranzo con l'amata suocera!
Inevitabile arriva una riflessione prima del meritato riposo: "Poteva comunque andare peggio, ho ancora un tetto dove dormire, ho fatto tutto quello che mi ha chiesto senza fiatare ma una cosa ho imparato: per quanto ho pagato quella cazzo di borsa, posso permettermi di giocare tutto il girone d’andata, trasferte incluse, e di tornare a casa perfino il giorno dopo!"

Dalla Ginestra alle Stelle (Pt.15)

La Befana gialloverde

Foto gentile concessione di Dedo Maravilha

Cara Befana, se potessi, non esiterei a chiederti...E' vero, ho passato ormai da tempo l'età prediletta per le richieste, ma forse, per una volta, potresti ascoltarmi. Avrei un tale desiderio di donare immensi bilici di carbone, e non solo, a numerose persone...Ah, se sapessi ed io potessi, cara la mia vecchia signora: se per un anno esaudissi i miei desideri, i modesti voleri di un povero presidente (il Presidentissimo), sono convinto ti divertiresti anche tu!
Vedessi, mi sono capitati dei soggetti in squadra, ormai da diversi anni a dire il vero, che manco t'immagini. In confronto il circo Togni e lo zoo di Pistoia sono argomenti didattici! So che le calze, piene zeppe di dolciumi per i nostri nipotini del Valdarno, hanno la precedenza, ma credo che un piccolo lavoretto extra ti farebbe piacere.
Vedi, mi permetto di darti del tu perché anch'io, come te, ne ho viste tante ed ogni stagione faccio molta beneficenza, proprio come te. Solo che le mie buone azioni sono rivolte principalmente a dei grandiglioni, vestiti di gialloverde, che si fanno chiamare squadra, seppur amatoriale, di calcio.
Supponendo per un attimo la tua complicità, sarei disposto a metterti a disposizione delle balle, invece delle tradizionali calze colorate! Delle balle capienti in grado di contenere tutta la mia sconfinata voglia di beneficenza!
L'elenco dei destinatari e' lungo, ma cercherò di essere breve nelle richieste. Allo staff tecnico, passami la definizione così professionale, ti chiederei di portare una clessidra formato gigante, vista l'immensa pazienza che il Pitone ed il Presidente (Jr) devono avere per allenare questo branco di pecore svogliate. Se vuoi, la clessidra, ti do una mano io a verniciarla: di gialloverde, s'intende.
Per cominciare, ecco una richiesta speciale. Per i nostri nuovi fratelli musulmani (Adil, Mostopha, Isham e Dau) ti chiederei ti passare proprio da casa loro: sai, Babbo Natale non è proprio il benvenuto, ma questi ragazzi, visto che si sono integrati bene e fanno già parte integrante della Ginestra, meritano un dono. Il Natale non è proprio la loro festa preferita, chiaramente, ma tu, cara Befana, avendo un'aria un po' più pagana, magari riusciresti sicuramente a soddisfarli. Mi raccomando, niente ceste di prodotti tipici, meglio un ricco fiasco di vino!
Partendo dal nostro reparto arretrato, penso che un giorno potresti anche venire a trovarci, ti chiederei, se la trovassi, un po' di pozione magica per l'Anghia. Non ho ben capito, ancora, se i suoi problemi fisici abbiamo un'origine celebrale: dice di non riuscire a stare in porta, a causa dei tanti acciacchi, ma si rende spesso disponibile a giocare in attacco. Un famoso esempio di controsenso celebrale: motivo per cui ti chiederei una pozione magica, magari c'è modo di guarirlo. Nel frattempo, ormai dalla scorsa stagione, in porta siamo stati rafforzati anche dall'arrivo di Skerdi. Beh, per lui, dato il suo carattere mite ed accondiscendente, direi che un paio di guantoni sarebbero il dono più indicato. Giusto per aiutarlo a socializzare con gli avversari.
Allo storico Giusti, un bel carico di fiducia ed uno di quei modelli evoluti di tappi per le orecchie: in modo da non sentire i miei incitamenti quando scende il campo. Sai Befana, riesco ad essere fin troppo persuasivo!
Frank Francini merita indubbiamente un elisir di lunga vita: da inizio stagione sarà sceso in campo si e no 20 minuti! Aiutalo a curarsi, per piacere! Magari, una volta ristabilitosi, capisce che è arrivato il momento di smettere! Stesso discorso per il Trava, anche se nel suo caso servirebbero dei giorni extra di ferie!
Abbiamo due nuovi arrivi. Sia al Cecche (che feeling con il Pitone!),al Noce (che classe!) ed al Pippe (statuario), serve il decalogo del perfetto ginestrino: ama il tuo presidente come nessun altro al mondo e ringrazialo per gli incoraggiamenti durante le partite!
Aspetto con ansia spasmodica l'esordio di Patrick in una gara ufficiale: cerca di fare un miracolo con lui, mi pare ne abbia di bisogno! Inizialmente, cerca anche di non fargli arrivare tutto il mio calore durante il match: non vorrei si emozionasse. Al giovane Nannucci un bastimento di personalità: abbiamo bisogno di ragazzi come lui!
Oggetto misterioso Carano: per adesso ho sentito solo il Pitone sibilargli un benvenuto alla sua maniera e vorrei limitarmi a quello! Per cortesia, cerca di metterlo in condizioni di non nuocere!
Ai fratelli Procino e Procione un sentito ringraziamento per la lunga militanza in gialloverde e, se lo desiderano, un lunghissimo scivolo per la pensione calcistica! Ah, come li voglio bene...
Io sto col Gallo ( non io, ovviamente, ma quel grullo di Prisma Sport!): mi pare si trovi oltre oceano, quindi la richiesta di continuare a tifare per noi e di non affrettarsi a tornare! 
Mazzu cavallo pazzu: che grinta, non molla mai, gli piace stare in gruppo e crede nella Ginestra. Mantienilo così, ci mancherebbe, magari rifagli anche una convergenza a quei piedi, non proprio fatati! 
Al Cavallino magico Bertini chiederei più continuità (non a tavola e nemmeno in giro per aperitivi) in mezzo al campo: mi farebbe piacere vederlo segnare prima della fine del torneo, ma temo resti un sogno. Se hai qualche soluzione (anche quella di farlo stare a casa!) ti prego aiutami!
Dedo, l'universo di Dedo. In qualità di nuovo arrivato, oltre al decalogo, una connessione internet ancora più potente in modo da allietare le giornate dei gialloverdi. Per il resto, non gli portare niente da mangiare, che già non si schioda dal cerchio di centrocampo, immaginatelo a stomaco pieno! Meglio evitare!
Scarrick, che Iddio lo benedica Marcheselli! Uomo ovunque, dentro e fuori dal campo, che è mancato nelle passate stagioni. Visto che ha ritrovato la forma di un tempo (si fa per dire) doppia dose di salsicce, così misuriamo il suo punto di rottura! In cambio, sono convinto che riceveresti un gradito invito ad una delle tante cene gialloverdi che organizza a casa sua: attenta, però, sono dei ragazzacci. Sono convinto non esiterebbero neanche un minuto a sostituire la scopa, sulla quale siedi, con qualche altra cosa, della stessa consistenza, ma di loro produzione. 
Al Capitano, che a dire il vero ho visto anche troppo in queste feste, un tagliando completo e la promessa di mantenersi in forma come adesso. Poi, se qualche sabato sera restasse a casa sua, risparmierei diverse bistecche!
Per me cosa ti chiederei di portarmi? Sei fin troppo gentile. Beh, usando la testa (quel poco che mi è rimasto) vorrei undici campioni in grado di vincere tutto. Facendo, però, largo al cuore, non cambierei questo gruppo sgangherato con nulla mondo! Poi, che c'entra, se hai qualcuno con i piedi buoni da portarmi, io non mi offendo!

Dalla Ginestra alle Stelle (Pt.16)

Passione...gialloverde (parte prima)

Finalmente giunse al termine anche la stagione agonistica. A dire il vero non una grande stagione per i gialloverdi, deludenti dal punto di vista dei risultati e mai così male sotto il profilo realizzativo. Le attenuanti del caso c’erano tutte, nessuno lo mette in dubbio, ma si poteva e doveva fare meglio.
Il materiale umano a disposizione di Bartoli e Casini non era certo di primissimo ordine, ma un discreto margine per fare meglio c'era eccome. Pazienza, sarà per la prossima stagione.
In quell'annata sciagurata restava da salvare, senza ombra di dubbio, la rinascita del Gruppo. Si proprio il gruppo con la G maiuscola, quel gruppo affiatato di ragazzi che si cercano dentro e fuori dal campo. Grazie anche al numero maggiore di cene ingurgitate (per la gioia di Ipo e co!) rispetto agli anni passati, i nuovi si erano amalgamati con stile alla vecchia guardia. Scarrick Marcheselli aveva ripreso il suo ruolo di leader indiscusso e le sue iniziative "team building" avevano portato i frutti sperati. Ginestrini e marocchini avevano scoperto di avere molte cose in comune, ma quella più immediata fu il senso di attaccamento alla maglia. Una casacca che molto di loro avevano vestito per la prima volta in quella stagione, ma che hanno onorato più di una seconda pelle. Brividi d'amore gialloverde, nonostante i risultati non abbiano assecondato così tanta passione.
Campionato finito, la coppa Toscana aveva lasciato in dono solo qualche polemica ed i gialloverdi si erano consolati con la ripresa della consueta attività estiva: il calcetto. Immancabile appuntamento serale prima delle ferie che, da sempre, mantiene vivo il gruppo e limita i danni provocati dai bagordi culinari (anche nella stagione estiva, Ipo e la veranda rappresentano sempre una certa garanzia, perfino nelle ore notturne!).  
Storicamente il calcetto è sinonimo d'estate, di serate in allegria seguite da ricche abbuffate in pizzeria e da un pizzico di libertà in più, complice il clima piacevole e la voglia di tirare a far tardi.  
Facendo un passo indietro e lasciando la fantasia giocare in campo aperto (proprio come un numero 10, libero da compiti di marcatura), torna alla mente la storia di un promettente gialloverde, un ragazzo che, oltre al calcetto, amava particolarmente le sere d'estate (ad onor del vero amava anche altro, ma credo si capisca uguale!).
Nonostante fosse il giugno di qualche anno fa, il profumo del tiglio aveva la stessa dolce intensità di oggi: quell'aroma inebriante che risveglia le passioni sopite, annunciando a gran voce l'arrivo della stagione delle passioni (non solo di quella per la Ginestra!).  
Ecco allora la sera, con la voglia di divertirsi, il ritrovo con gli amici e l'immancabile partitella calcetto. Tutti consapevoli del fatto che, vincitori o sconfitti, si sarebbero ritrovati allo stesso tavolo ingannando l’attesa della pizza con qualche litro di birra marmata (marmorized, versione internazionale made in Montevarchi!).

Lore aveva appena concluso la sua prima stagione in maglia gialloverde, non strepitosa ad esser sinceri, ma il lavoro non gli aveva lasciato molto scampo. Molti fine settimana occupati e serate passate sempre più spesso in ufficio, invece che al campo ad allenarsi. Sappiamo bene come a livello amatoriale il lavoro e la famiglia abbiano la precedenza sul pallone, niente da obiettare. É altresì vero che la famiglia, alcune volte, viene colpevolmente sacrificata, con buona pace delle consorti costrette a digerire l'antica passione di molti bambini mai diventati del tutto adulti (qua il dibattito potrebbe ampliarsi all’infinito nel tentativo di elencare tutti gli esemplari in maglia gialloverde che ancora avrebbero bisogno di crescere!).   
Lore pareva non avere grandi problemi di famiglia (molto spesso moglie=amore=cuore=catene!), così diceva, mentre gli impegni lavorativi  lo penalizzavano anche dal punto di vista sociale. Quell'estate, nonostante i piccoli dettagli sopra elencati fra parentesi, avrebbe avuto voglia di approfondire la conoscenza di una tale Francesca, di professione hostess, di origine fiorentine, ma con parentele significative in zona Montevarchi. Una ragazza più giovane di lui, ma che a dispetto dei suoi freschi 26 anni vantava un caratterino oltremodo quadrato, tipico dei nati sotto il segno della vergine.

Si erano intravisti ad un corso di formazione, con Lore impegnato nell’accalappiare qualche cliente desideroso di investire in campo medico, mentre lei era intenta a svolgere al meglio la parte organizzativa. Dopo quel primo fugace incontro, durante il quale a malapena si erano presentati e scambiati il numero di telefono in previsione di eventi futuri (lavorativi, meglio precisare), non si erano più visti né sentiti per circa sei mesi. Era capitato di sfiorarsi (= intravedersi), per appena una mezzoretta, durante un congresso nel profondo sud, ma entrambi presi da impegni professionali erano solo stati in grado di vedersi senza guardarsi veramente.

Ad esser sinceri, non erano stati solo gli impegni lavorativi di entrambi a frenarne la conoscenza, ma anche il timore di instaurare un rapporto che avrebbe potuto diventare molto più grande di loro. A pelle pareva ci fosse un'intesa da fare scintille, ma allora perché tutto questo tempo senza vedersi dopo il primo casuale incontro?
Lore, nonostante si trovasse in riviera tirrenica, aveva scelto di scendere in campo tutte le sere: seppur in ferie, aveva fatto amicizia con un gruppo di ragazzi del posto ed il richiamo del calcetto era stato troppo forte. D'altronde il fascino del calcetto in riva al mare, quello giocato prima che il sole sparisca fra le onde lontane, è un richiamo troppo forte per un ragazzo di Montevarchi, cresciuto in collina e tristemente temprato da lunghi e rigidi inverni. Oltre al clima, il calcetto e le serate d’estate sono un attimo rimedio contro l’orchite da famiglia: malattia largamente diffusa che colpisce chi non riesce a trovare il giusto bilanciamento (https://www.youtube.com/watch?v=V7C6VYPLtEo) fra moglie/figli e la voglia di eterna giovinezza. Lore ne era afflitto da tempo e la cura sembrava un miraggio lontano. Solo in parte alcuni diversivi ne mitigavano il dolore, ma nessun farmaco poteva sortire l’effetto sperato.
Il tempo di inforcare la bici messa a disposizione dall’albergo e via verso il campo di calcetto posizionato strategicamente sul lungomare, proprio di fronte al passaggio di tanta bella gioventù. Maglietta rigorosamente gialloverde (la missione di ogni Ginestrino in trasferta è quella di evangelizzare i popoli, portando il verbo del Ganna!), un cenno d’intesa con i compagni e tutti a correre dietro al pallone dopo il fischio d’inizio! Senza l’assillo del risultato (e soprattutto senza il caloroso incitamento del Presidentissimo!), a Lore venivano bene tutti quei numeri da giocoliere con cui si divertiva a stordire i compagni in allenamento: elastico, doppio passo, doppio elastico carpiato, trivela e rabona! Un campionario da fare invidia a Moira Orfei! Peccato, però, che la porta da centrare fosse tutta ben altra cosa! In fatto di scarsa mira ricordava molto le sue ultime apparizioni nell’Arci…l’aria di mare è si piacevole, ma non fa certo i miracoli, altrimenti i’ Ganna li zupperebbe tutti a Viserbella per una settimana, con tanto di richiamo durante la pausa natalizia!
Fu durante una sua “scorribanda” sulla fascia destra, proprio quella che costeggiava la passeggiata, che gli parve di vedere un volto noto. In realtà, dopo a aver perso palla ed essersi parato in mezzo al campo stile cavallo imbizzarrito, aveva sgranato gli occhi e spalancato la bocca nel vano tentativo di respirare. Fu solo allora che capì di aver visto quel volto noto. Quella faccia così pulita, contornata da lisci capelli scuri, adagiata su un corpo ben proporzionato da sembrare uscita da un quadro del Verdi (http://www.francescoverdi.com/opere.html) che tanto aveva sperato di rivedere entro la fine dell’estate.  
“Possibile fosse lei!? Non sarà la stanchezza, la vista appannata dopo la cavalcata sulla fascia destra!? Ma come può essere lei; solitamente nostro Signore, con tutte le volte che lo invoco, non mi regala simili gioie!”
Nel frattempo i compagni di squadra gli avevano rivolto le peggiori ingiurie (non che alla Ginestra lo trattassero molto meglio quando si incartava fra una rabona ed una bicicleta!), visto che aveva perso palla e si era pure fermato in mezzo al campo, fissando spaesato la folla in passeggiata! Non potevano immaginare che nel bel mezzo di quella folla, indistinta per tutti gli altri, avesse visto proprio lei. 
Si era promesso di conoscerla meglio, ma mai avrebbe pensato di poterla incontrare in ferie! Nell'immediato c’era, però, da risolvere il problema del calcetto: con la squadra sotto di due reti e la testa rivolta alla sempre più brulicante passeggiata, con le mani si rivolse alla panchina mimando il gesto del cambio. Peccato non ci fosse nessuno a disposizione e che in totale fossero solo dieci giocatori, contando anche i componenti dell’altra squadra! Quando i suoi compagni si accorsero del gesto, non trovarono neanche la forza di sorridere perché il centravanti avversario, inarrestabile come l’alba, mise a referto la terza rete. Adesso si faceva veramente dura, con Lore e la sua testa ormai altrove e tre reti da recuperare.
Con la scusa di andare a prendere da bere, si allontanò dal campo direzione lungomare. Lo scatto fu veramente degno di nota, mai in tanti anni di militanza Arci si era visto Lore lanciarsi a testa bassa verso un pallone. In quell'occasione lo scatto felino venne accompagnato anche da un gesto atletico degno del miglior figlio del vento (a dire il vero, più simile al salto della staccionata nello spot anni ’80 del mitico Olio Cuore!) necessario per scavalcare la recensione che delimitava il campetto dalla passeggiata. 
Diventava difficile, adesso, scovare quel volto noto fra la folla, ma neanche il minimo dubbio voleva insinuarsi nella testa di Lore: voleva che fosse chi tanto sperava di rivedere. Sgomitando con fare frettoloso, proprio come si vede nei film, tentava di farsi largo nell'ora di punto dello struscio estivo, fra famigliole intente a magiare il gelato passeggiando e gruppi di ragazzi intenti ad inseguire qualche gonnellina un po’ troppo GC (giro-culo).
C’era veramente tanta gente a spasso e quando ormai sembrava aver perso le speranze di rivederla, ecco spuntare la sagoma nota, proprio di fronte ad un negozio di prodotti BIO. In quei frenetici istanti che lo separavano dallo scoprire se si trattasse o meno della stessa ragazza che aveva incontrato al corso di formazione, pensò a come avrebbe esordito nel caso fosse stata veramente lei: meglio un “Ciao, come stai? Anche tu da queste parti? Ma guarda il caso, eh!” oppure un più sdolcinato “E’ da tempo che ti inseguivo (praticamente dall'inizio del lungomare di Follonica!), finalmente ti ho trovato e vorrei farti mia (forse un capellino troppo diretto!)”. Capì da solo che nessuna delle suddette ipotesi si adattava veramente all'occasione.
Riuscì ad affiancarla poco prima che entrasse nel negozio BIO (chissà cosa vendono qui dentro, pensò dentro di sé Lore, abituato alle vecchie botteghe alimentari di via Roma, dove un etto di mortadella viene solitamente accompagnato da un par di moccoli se osi chiederla senza pistacchi!) e si voltò verso di lei in maniera più che diretta.
“Francesca, sei tu?” Le urlò praticamente in faccia senza riuscire a controllare l’emozione che ruggiva dentro per esser riuscito a ritrovarla (ed anche per il fiatone dopo la corsa in mezzo alla passeggiata!)
Francesca, quasi impaurita da tanta veemenza valdarnotta, fece un passo indietro prima di rispondere squadrandolo dalla testa ai piedi:
“Lore, cos’è successo? Per caso ti stanno inseguendo?”
Solo allora il ginestrino, l’eterna promessa (mai mantenuta!) del Presidentissimo Aldinucci, si accorse di essere in pantaloncini corti, maglietta da calcio e di grondare pesantemente sudore da ogni poro, fronte inclusa! Quella che aveva immaginato come una delle scene più romantiche della sua vita stava, con buone probabilità di riuscita, per trasformarsi in uno degli episodi più tragicomici che si fossero mai registrati sul lungomare di Follonica!
Lore, dopo aver cercato di recuperare un minimo di dignità, oltre che di fiato, capì che continuare ad arrampicarsi sugli specchi non lo avrebbe aiutato a sedurre un tipino così tosto come Francesca; tanto valeva giocare a carte scoperte schierando un più offensivo 4-2-4.
“Senti Francesca, ti ho visto passare, stavo giocando a calcetto, tra l’altro con ottimi risultati e nonostante avessi appena segnato un goal (non avevamo detto di rispolverare un po’ di fair play!?) mi sono chiesto se non fossi proprio tu…Così ho cercato di inseguirti per via Roma…”
“Lore non siamo a Montevarchi…”
“Insomma mi sono fatto largo fra i villeggianti fin quando non è parso di vederti ed in effetti eri proprio tu…”
“Eh…Quindi?”
“No, nel senso, dicevo…che ti ho rivisto dopo tanto tempo e che magari potremmo…”
“Lore…potremmo cosa?”
“Dicevo…potremmo scambiare due parole, ecco”
Lore aveva esaurito i bonus ed i suoi numeri da giocoliere in mezzo al campo non gli sarebbero serviti a molto in quel frangente. Occorreva veramente la giocata in grado di risolvere la partita, il tocco del fuoriclasse che vale il prezzo del biglietto: tutte cose mai viste alla Ginestra.
Dio come era bella, vestita di colori non molto estivi, a dire il vero, ma pure il nero le donava in quella sera d’estate, dove anche la luna sembrava indugiare maliziosamente sul suo volto con la sua luce calda.
“Francesca, a dire il vero è da tempo che volevo chiamarti, anche solo per sapere come stavi, solo che non c’è stata mai l’occasione. Sai, avrei voluto chiederti di uscire, magari per conoscerci meglio, ma poi…”
“Ma poi, Lore, mi pare tu stia tralasciando un piccolo, ma essenziale, dettaglio: magari non c’è mai stata l’occasione perché tu hai una famiglia con tanto di moglie e figli, oppure mi sbaglio!?”
Certo che le donne, quando ci si mettono, sanno veramente arrivare dirette al punto, pensò Lore masticando amaro, proprio come quando il Ponte alle Forche ti rifila 4 pere a domicilio!
“Beh…oddio…non importa sempre ricordare proprio tutti i dettagli…”
“Lore, per piacere, non so che idea ti sia fatta di me, ma non sono una qualunque che decide di uscire con il primo uomo sposato che glielo chiede!” lo interruppe decisa Francesca. “Quindi, se non ti dispiace, entrerei a comprare la mia nutella bio e le mie tisane allo zenzero”
Occorreva veramente un miracolo per invertire il corso degli eventi. Lore provò a ripensare a qualche partita recuperata nei minuti finali, ma nessuno schema tattico si adattava a quella situazione.
“Si, certo, mi sembra giusto, ma visto che ormai ho abbandonato la partita di calcetto, magari mi compro anch'io una tisana alla zenzero.”
All'interno del negozio Lore non riuscì a trovare neanche un prodotto conosciuto, ma per non sfigurare agli occhi di Francesca finse interesse un po’ per tutto. Solo quando scambiò una conserva di legumi, alquanto trasparente, per collutorio Francesca lo guardò storto ed a tempo di record rimise l’ambiguo barattolo sullo scaffale.
Il negoziante offrì loro una nuova tisana alla zenzero, una marca che dentro ad ogni bustina contiene un messaggio, un po’ come gli aforismi contenuti all'interno dei più noti cioccolatini Baci. Il caso volle che la frase di quella sera d’estate fosse la seguente:
“Sono sempre i sogni a fare la realtà”
Una frase che non lasciò indifferente Francesca; forse un piccolo aiuto dal destino pensò Lore, che prendendo il coraggio a due mani (in gioventù soleva afferrare altro, sempre a due mani!) la invitò a fare due passi. In piedi fissando il riflesso allungato della luna sul mare, Lore provò a raccontarle che molte volte, nella vita, proviamo delle emozioni irrazionali, talmente forti che risulta difficile reprimerle, seppure si trovino in contrasto con la realtà che ci circonda. Nel spiegarle quanto desiderasse conoscerla meglio, si avvicinò a Francesca prendendole la mano. Una scossa di adrenalina difficile da raccontare, più potente dell’esultanza per una rete in fuorigioco segnata nel derby con il Pestello! Passarono attimi interminabili prima che Francesca lamentasse:
“Lore…io non credo sia la cosa giusta…sei un bravo ragazzo, ci conosciamo appena, ma hai famiglia e se dovesse succedere qualcosa fra noi, resterei sempre nel dubbio di aver fatto la cosa sbagliata…”
Dubbio!?  Proprio “ni’ dubbio?” A Lore vennero in mente gli insegnamenti di Dedo e Scarrick Marcheselli, ma scaraventarle in faccia l’espressione tanto cara a tutti i ginestrini (bordaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!Proprio lì, al chiar di luna in riva la mare, non gli sembrò la risposta più appropriata.
“Ma vedi Francesca, io credevo, pensavo, bastasse ci si garbasse (https://www.youtube.com/watch?v=w7YapfyqAzo)...”
“No Lore, non basta solo questo, io devo intravedere la possibilità di un futuro, non mi accontento di una gioia effimera di una sera o incontri con i minuti contanti perché devi tornare dalla tua famiglia”
Detto questo si divincolò dalla presa di Lore, guardò per un attimo ancora la luna specchiarsi nel mare e se ne tornò da dove era venuta.

 ....fine prima parte....                        


Dalla Ginestra alle Stelle (Pt. 17)

La Rinascita

Dopo quella nefasta stagione, troncata a metà dal ritiro anticipato dei gialloverdi, nessuno in casa Ginestra aveva più osato parlare di campionati. Qualche timido calcetto (con buona pace del Presidentissimo, da tempo “dissociato” da questo tipo di pratica sportiva!)  era il pensiero più audace dei pochi reduci gialloverdi rimasti ancora in contatto dopo la triste diaspora. Le vecchie glorie gialloverdi non avevano mai accantonato definitivamente il desiderio di rivedere in campo la Ginestra; a loro va il merito di aver saputo attendere che i tempi fossero maturi.
Gettare del sale sulla ferita ancora aperta nel cuore del Presidentissimo Aldinucci sarebbe stata una tortura troppo grande da sopportare per tutti i tifosi, rimasti profondamente delusi dalla diaspora gialloverde. Ricordiamo molto bene il velo di malinconia, a dire il vero sempre ben nascosto dalla sua pungente ironia, presente negli occhi del Presidentissimo ogni qualvolta spuntava un riferimento alla sua creatura: mi è capito di incontrarlo a fare la spesa, una battuta qua e là accompagnata da un moccolo colloquiale (per i non montevarchini di origine, i moccoli cosiddetti “colloquiali” rientrano nella categoria “interiezioni improprie” e fanno parte della lingua toscana fin dalla notte dei tempi, motivo per cui non vengono considerati offese verso le divinità) per poi finire a parlare della Ginestra, di quando quella volta in rovesciata su calcio d’angolo da centrocampo ha preso il palo. Ecco, un chiodo fisso che riusciva, però, a mascherare con il solito mestiere di sempre, con la stessa abilità con cui era capace di non farsi fischiare fallo nel momento in cui alzava di peso gli avversari lanciati a rete!
Malinconia o tristezza che fosse, ci sarebbe voluto un miracolo per mettere insieme un nuovo gruppo di giovani che avessero la voglia di scendere in campo per la Ginestra. Il Presidentissimo sapeva bene che, seppur desiderandolo nel profondo del suo cuore, occorreva avere pazienza e non correre il rischio di vedere naufragare il suo progetto per una seconda volta. Sarebbe stato veramente troppo e dai moccoli colloquiali avrebbe sicuramente cambiato categoria.   
Poi arriva il momento giusto, dove complice la simpatica iniziativa per i 30 anni della Ginestra, si inizia a progettare il futuro, la rinascita di un gruppo che grazie al reclutamento di giovani stava cercando di rinnovarsi per garantire un domani. Vecchie bandiere gialloverdi che si mettono al servizio della squadra dedicando il proprio tempo alla causa, scatenando così le inevitabili ire di mogli, consorti ed amanti, le quali avevano pensato di avere “già dato” una volta.   
Il resto è storia dei giorni nostri, con Procelli e Renzoni che hanno prestato il loro importante contributo alla guida tecnica della squadra quando a malapena si contavano undici giocatori abili ed arruolati. Nonostante le difficoltà ed i costanti “incitamenti” del Presidentissimo, la Ginestra è ripartita. I risultati erano la parte meno importante, contava cementificare il gruppo per creare una base solida su cui costruire il futuro. Oggi Andrea Palazzi rappresenta il passo successivo.
Allora, come dei veri professionisti, non resta che riprendere le sane vecchie abitudini di un tempo ed attendere di fare il pieno di contenuti video sulla chat gialloverde prima di andare al lavoro.  Ho scoperto che la condivisione di questo materiale porta bene (ed anche qualche effetto collaterale tipo cecità e calli sulle mani) ed in campi i risultati si “vedono” (sempre per chi ne faccia un uso moderato, altrimenti prestare attenzione al primo effetto collaterale menzionato sopra). Con il tempo gli argomenti si sono evoluti, diciamo che l’anatomia umana la fa sempre da padrona, ma ogni tanto viene lasciato spazio anche a qualche riflessione più profonda sull’esistenza del genere umano. Ad onor del vero si tratta sempre di materiale di prima scelta in grado di “ridestare” ogni tipo di attenzione: un toccasana per il morale di ognuno di noi alle prese con i problemi di tutti i giorni.

Passando al lato tecnico, in molti si saranno accorti del cambio di ruolo di Capitan Caiani. Ha provato a scendere in campo con tutte le sue forze, ma il ginocchio gli ha fatto subito cambiare idea, così ha dovuto cedere la fascia a Scarrick Marcheselli. Non ha smesso comunque di contribuire alla causa, trasformandosi in un team manager da far invidia a quelli che gestiscono le squadre professionistiche. Gabriele avrebbe potuto starsene comodamente sul divano al servizio della famiglia, no? Magari prestando il fianco al suocero soltanto in occasione dei succulenti barbecue domenicali!? Beh si, forse avrebbe anche potuto farlo, ma non dimentichiamo che suo suocero è il Presidentissimo Aldinucci. Il suo futuro era già scritto, la Ginestra non avrebbe potuto essere che la sua seconda pelle (altrimenti, aggiungo io, la prima gliela avrebbe strappata il Presidente…ovviamente con tanto amore!).
Una parte significativa di merito in questa riorganizzazione va attribuita senza ombra di dubbio al DS Amodio. Insieme al Presidentissimo ha messo in atto una campagna acquisti in grado di rifondare la squadra. Primo obiettivo, assai centrato direi, quello di abbassare l’età media della squadra; in secondo luogo si respira uno spirito di gruppo ben saldo, nonostante l’eterogeneità al passo con i tempi dei ragazzi. I gialloverdi sono uno spot all’integrazione tra i popoli, anche se la difficoltà principale è stata quella di adattarsi alla nostra lingua, moccoli inclusi ovviamente (altrimenti avrebbero perso la metà delle sfuriate del Presidentissimo!).
DS Amodio è una figura sulla quale vale la pena di soffermarci un attimo. Esperto quanto basta in materia dirigenziale, profondo conoscitore del calcio amatoriale in Valdarno ed elegante “cicaliere” al cui cospetto perfino James Dean dovrebbe inchinarsi. Impeccabilmente sempre ben vestito, si fa precedere dal suo alone indiscusso di classe: un ottimo biglietto da visita per chi frequenta i campi di periferia, dove solitamente uno stivale fino al ginocchio di gomma scolorita ed un to.ny (tuta sportiva) spaiato sono il look più diffuso. Suole operare marcando la preda nei locali più gettonati del momento, è sempre aggiornato sulle ultime tendenze in fatto di glamour ed i suoi aperitivi orami hanno fatto storia. Quando l’evento è organizzato da lui, diventa l’Aperitivo per eccellenza. La sua ultima campagna acquisti si è svolta tra il Via Roma 7, Le Stanze Ulivieri ed il Caffè Paradiso. Nessuno ha saputo resistere al suo modo di fare: argomenti convincenti accompagnati da tante bollicine quante le promesse di ottenere un ottimo ingaggio. Fenomeno.
La Ginestra 2018-2019 è un promettente mix di ragazzi più esperti e giovani di buone speranze. Piacevole la costanza e la voglia con cui riescono ad essere presente ed integrarsi ogni giorno di più Godwin e Baie: due ottime risorse che stanno facendo breccia nel cuore dei gialloverdi ed anche in quello di Babbo Natale! La classe e l’estro dei più esperti Youssef Gariate, del Tigre Dahou, Yassine Nassari e Yassine Rida alzano il tasso tecnico della squadra. Castellani assicura quel tocco di geometria indispensabile per fare ordine, mentre Dedo Maravilha regala gran giocate a beneficio della platea. Scarrick Marcheselli, ginocchia permettendo, non molla di un centimetro e quando parla viene ascoltato. Un gladiatore in mezzo al campo che sprona i più “timidi”. Un monumento andrebbe eretto per Ninja Turtle Procelli, mentre il portierone Marini ha già trasmesso il suo carisma ai colleghi di reparto Meozzi e Pardo. Non conosco le statistiche delle altre squadre, ma in casa Ginestra cominciano ad essere tanti i rigori neutralizzati dai nostri portieri. Nannucci parte da dietro per arrivare davanti, mentre Giusti ha trovato la sua collocazione al centro della difesa supportato da Cappelli, Bartic e Scapecchi; quest’ultimo sempre più conscio dei propri mezzi. Bertini ed il suo destro liftato hanno regalato già molte gioie, come del resto Giulio Mirri che va a segno a ritmo di samba. Cannoniere Chiatti fa ben sperare, oltre a trovare la porta con più continuità rispetto al passato. Failli ed Esposito sono due instancabili “tuttocampisti” che danno sempre tutto per la squadra. Bomber Petrarca racchiude in sé una generosità unica che fa di lui una risorsa preziosa, come anche Beppino Monteleone, scheggia gialloverde in cerca della porta.   

Insomma, la solita armata gialloverde 80% follia e 20% cuore che ha contraddistinto la storia della Ginestra fino dalla prime apparizioni.  Colpevolmente mi sarò dimenticato di qualcuno, ma quello che conta è aver ritrovato l’intera banda al completo, un gruppo di ragazzi decisi a dare il proprio meglio pur di onorare la maglia. Non saranno tutte rose e viole, altrimenti non potrei raccogliere ulteriore materiale sul Presidentissimo e le sue proverbiali sfuriate!  







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