17 dicembre 2009

Dalla Ginestra alle stelle (Pt. 6 )



Alle origini della disfatta


Impossibile che una clamorosa disfatta come quella rimediata la scorsa domenica potesse passare inosservata. Già nell'immediato dopo gara erano circolate le prime voci circa le probabili cause di quel crollo fisico di proporzioni vergognose. Il presidente volle andare a fondo e già al martedì le cose gli furono chiare.

Occorre fare un piccolo passo indietro per ricostruire i fatti e dare una spiegazione logica alla paralisi psico-motoria che aveva colpito i giocatori durante l'incontro. Fu tutta colpa del fin troppo vivace esterno di centrocampo, sempre pronto a far festa ed a cavalcare le ultime tendenze, se il sabato sera, precedente l’incontro, la serata si protrasse fino all'alba. Tutto nacque come una semplice cena fra compagni di squadra, allo scopo di, come si dice in gergo, fare gruppo. La scusa fu che i nuovi arrivati non si erano ancora ambientati e quindi, per il bene della squadra, bisognava aiutarli urgentemente L'occasione si presentò quando quando il nostro centrocampista rimase solo a casa: a dire il vero non era tanto l'esser solo, quanto avere la possibilità di sfruttare l'immenso giardino dietro casa, luogo ideale dove far accomodare una simile teppa. Non fu ben chiaro il perché si fosse offerto proprio lui di organizzare tutto nel suo giardino, ma non c’era tempo per le domande.

La temperatura era gradevole, la serata leggermente ventilata e il vinello fresco aiutava ad entrare in clima cena. C'erano proprio tutti, nessuno era voluto mancare, o meglio, non aveva potuto rifiutarsi! La formula invito pressing a tutto campo non lasciava scampo. Chi fosse mancato, sarebbe stato messo fuori rosa a tempo indeterminato dai vecchi del gruppo: voleva dire una vita da inferno negli spogliatoi e scordarsi inviti extra post allenamento. Sommata alla dannosa perdita del diritto a scommettere sugli episodi riguardanti i componenti della squadra.

Il problema di questi ritrovi goliardici non è tanto il mangiare, quanto il bere. In molti erano convinti che essendoci in programma la partita l'imminente domenica mattina, il tasso alcolico della cena sarebbe stato limitato. Si sa come succede, un bicchiere tira l'altro e le bottiglie vuote in tavola portano miseria! Dei brindisi in onore della squadra se ne perse il conto già dopo lo straripante vassoio di tagliatelle ai funghi che venne servito solo verso le dieci, anticipato da una serie infinita di antipasti di varia natura. Dura arrivare in fondo, ma tutti si dimostrarono in forma per reggere i supplementari della tavola: la preparazione del mese prima stava cominciando a dare i suoi frutti. Intorno alla mezzanotte, quando tutti pensavano fosse giunto il momento di tornare a casa, ecco che il generoso padrone di casa introduce una torta a grandezza umana. Da quanto grande e pesante era, fu trasportata a tavola col muletto! Un’opera da guinness del maestro Bonci, solo che il contenuto differiva leggermente dalla ricetta classica. Tutti erano attratti da quella meraviglia di arte pasticcera e l’ennesimo brindisi della serata fu solo il giusto tributo a quel capolavoro. Scolata la quarta bottiglia di champagne, fu la volta del taglio della torta. Non appena il coltello poggiò sullo strato di panna, quel palazzo di torta si squarciò in due come colpito da un fulmine: il bagliore celestiale che tutti videro, però, fu quello scintillante emanato dalle paillettes che decoravano i succinti top di tre splendide fanciulle, uscite a miracol mostrare da uno strato di bavarese. L’attimo di gelido silenzio durò appena una decina di secondi, durante i quali la salivazione si azzerò allo stato primordiale e gli occhi uscirono dalla orbite come a voler posarsi sui generosi decoltè dell’ultime arrivate. Ad evitare il linciaggio erotico, intervenne il padrone di casa, che con un gesto eroico si frappose fra quello che rimaneva della torta ed i sempre più famelici compagni di squadra. Uno di questi non era riuscito ancora a chiudere la bocca da quando Dio aveva dato prova di esistere, assumendo le sembianze di quelle tre macchine da guerra.

Le tre fanciulle erano, manco a dirlo, una più attraente dell’altra: Sveta, una biondina faccia d’angelo ed il corpo da strip-dancer, Savana, una bella mora dalle forme sviluppate nei punti giusti ed una lunga treccia che attirava l’attenzione dei presenti per il punto fin cui arrivava; dulcis in fundo, un bel dinosauro di colore, noto al tratto di statale fra San Giovanni e Figline col nome di Joy, essere dalle forme giunoniche e dotata di un sedere modello schermo 16:9. Insomma, ce n’era per tutti i gusti.

Svolte le presentazioni di rito, l’intera squadra scoprì che le signorine erano state invitate per allietare la serata con uno splendido gioco. L’occasione della cena era solo un pretesto per verificare l’abilità dei ragazzi nella corsa del canguro, variante valdarnese. Nessuno avrebbe accettato, ubriachi come un tegoli e pieni di cibo fin sopra i capelli, di cimentarsi in una simile prova se non ci fosse stato lo stimolo della bella fanciulla. Lo start era posizionato proprio davanti alla siepe che delimitava il confine del giardino con la strada ed attraverso un percorso che prevedeva il guado di un piccolo fiumiciattolo artificiale, lo scavalcamento di circa 2 metri e mezzo di fosso e l’attraversamento dell’ultimo tratto saltellando a zig e zag per evitare le sabbie mobili, si doveva arrivare alla metà. Lo scopo, fu usato proprio questo termine per incentivare i giocatori, era quello di raggiungere le tre grazie e, con il solo ausilio della bocca, toglier loro gli indumenti di dosso. Nessuno perse tempo e tutti vollero partecipare: avendo visto le ragazze vestite con dei soli bikini, pensarono che, con al massimo un paio di giri di percorso, sarebbero riusciti nell’impresa di vederle come madre natura le aveva sfornate. Il piccolo particolare della corsa del canguro locale, era che tutti avevano mani e piedi legati! Come tanti salamini messi in piedi, cominciarono a saltellare già prima del via: bisognava prendere prima confidenza con il percorso, che solo a prima vista appariva facile. Il guado del fiumiciattolo avvenne praticamente senza problemi. Il problema maggiore si presentò nell’attraversamento del fosso…Un’ecatombe di proporzioni colossali! Gente che dalla troppa foga ribaltava nel tentativo di superarlo con la rincorsa e chi, invece, provava a saltarlo senza entrarci dentro, finendo inevitabilmente spalmato per terra! Il cammino verso il paradiso si rivelò più arduo del previsto. Solo chi aveva bevuto un po’ di meno, dopo estenuanti sforzi, si avvicinò al cospetto delle tre desiderate: con loro grande delusione, notarono che adesso si erano vestite di tutto punto, non portando più solo l’intimo, come quando erano uscite dalla torta. Una mazzata dura da digerire, come chi segna la rete del 1 a 2 ed subito dopo incassa il terzo goal. Si erano vestite come per scalare il K2: cappello, sciarpa, guanti, cappotto e chissà quante altre cose sotto. “Scommetto che in vita loro, queste bucaiole, non si sono mai vestite così tanto come oggi!” Gridò con la faccia annaspando a pochi centimetri da terra, quello che prima aveva avuto problemi a chiudere la bocca alla vista di cotanto ben Dio, e mentre imprecava, cercava di rialzarsi dalla fragorosa caduta. Andarono avanti fino a mattina, saltellando tutta la notte. Complice il vino a fiumi, nessuno si era reso conte del coefficiente di difficoltà estremamente elevato dell'impresa. Così, come tanti goffi canguri allupati, seguitarono a saltellare in maniera sguaiata fino alle sette di mattina. Dopo una massacrante notte di salti, il massimo risultato conseguito fu l’esser riusciti a vedere Joy in maniche di camicia! Non male, dopo una notte di fatica e diversi fogli da cento spesi dal laterale di centrocampo, sempre più convinto di aver contribuito ad alzare il morale, e forse anche qualche altra cosa, della squadra. Il primo risultato tangibile del suo “fare gruppo” fu la scoppola rimediata nella partita che si disputò da lì a poche ore, tragicamente narrata nell’episodio precedente.

Se il buongiorno si vede da quel mattino…Povero presidente, ancora non sapeva cosa gli sarebbe capitato in quell’annata…Ma presto se ne rese conto, quando vide che la squadra si ritrovava sempre più spesso sui campi di calcetto, invece che su quelli di calcio!


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