5 gennaio 2010

Dalla Ginestra alle stelle ( Pt.8 )




Il lampeggiante

Sappiamo tutti che la preparazione atletica, precedente l’inizio del campionato, è forse il periodo più stressante della stagione di un calciatore. La differenza fra i professionisti ed il mondo dell’Arci in fatto di noia durante le tiratissime ripetute atletiche è veramente minima: entrambi non vedono l’ora della partitella. Tornare a casa con le gambe pesanti come un macigno, dopo aver potuto toccare il pallone solo per una ventina di minuti scarsi, renderebbe inquieto anche un santo.

Visto che dalla nostre parti di santi ce ne sono ben pochi, le cose si complicano quando, dopo un sudatissimo allenamento di un giovedì sera di settembre, la vecchia irriducibile guardia decide che non è ancora giunta l’ora di tornare a casa. La serata inizia da Ipo ( per gli amanti della statistiche il locale si chiama “La Buca di Ipo” e si trova a Montevarchi ) per una breve cena ristoratrice, a parziale copertura della poderosa sgambata terminata poco prima sul polveroso campo del Pestello Verde. Tutti a cena, ma con la tentennante promessa di chiudere la serata senza eccessi. In quella fine estate, infatti, il gruppo storico della Ginestra ( che da lì a breve si sarebbe identificato nel sottogruppo “ Pepenero FC ” ) aveva intensificato l’attività extracalcistica notturna, eseguendo un netto salto di quantità e qualità riguardo allo spessore delle uscite. Sfortuna volle che proprio quel giovedì coincidesse con la serata di chiusura del Dolce Verde ( noto Discobar situato in località Castiglion Fibocchi ) e questo rappresentasse, almeno per un paio di elementi della rosa, l’ultima occasione per rivedere e tentare l’assalto finale a due giovani fanciulle, adeguatamente pasturate durante le precedenti settimane.

Ovviamente la cena, da senza eccessi come promesso, si trasformò in un’orgia da tavolo. I primi piatti parevano non smettere più di uscire da quella cucina; le pizze che seguirono, vennero ingurgitate una dietro l’altra in men che non si dicesse. Come degno colpo di grazia per il già elevato livello di colesterolo, una carrellata di dolci sfidava gli stanchi giocatori al termine di una cena formato Champions. Le immancabili caraffe di birra non li lasciarono soli neanche un minuto durante la loro permanenza nel ristorante.

La stanchezza mista all’alta gradazione alcolica fece in modo che, una volta fuori dal ristorante, l’indecisione maggiore fosse solo su quale auto salire direzione ballo del giovedì. La sgommata dell’auto in partenza dette il via a quella che sarebbe stata una delle serate più memorabili nella storia della Ginestra. Fu rispettato la schieramento tattico, già collaudato, della Megane di Sandrone: il proprietario del mezzo nei panni di pilota ( data la sua lunga esperienza, maturata fin dalle prime impennate in vespa lungo via Vespucci ), nel ruolo di navigatore il saggio Capitano ad interim mentre il Presidente ( del Pepenero FC, si intende ) nelle retrovie a controllare che tutto filasse liscio. La partenza in contromano da via Pascoli e la svolta secca a destra in accelerazione bruciante per non perdere gli ultimi millesimi di secondo del semaforo giallo, aiutarono a capire che tipo di serata si prospettava. La derapata a sinistra per immettersi sulla statale 69, che in quel tratto prende il nome di Viale Diaz, sembrava non preoccupare più di tanto gli occupanti del veicolo, visto che la strada, a quell’ora, pareva alquanto deserta! Mai fidarsi delle apparenze, soprattutto nelle desolate arterie valdarnesi, e solo l’occhio vigile del Capitano ad interim riuscì a scorgere in lontananza, ma neanche troppo, un losco figuro in corrispondenza dell’Hotel Delta. Il tipo, con fare deciso, si accingeva ad invadere, a piedi, la carreggiata con fare minaccioso; fu allora che il Capitano gridò: “Cazzo Sandrone! Li sbirri! Svolta a Sinistra!” Nonostante il sangue lottasse dentro le vene per emergere in mezzo ai fiumi di alcol che ci scorrevano, l’ottimo pilota, con una reazione degna del miglior Sebastian Loeb sullo sterro, riuscì ad infilare il muso della Megane dentro via Puccini, senza dare tempo all’agente di alzare la paletta. Sembrava ormai scampata, quando un urlo proveniente dall’auto riuscì persino a sovrastare la colossale voce di Freddy Mercury che, dalla radio, si stava cimentando nel suo classico “I want it all”! Il grido non intendeva, però, emulare la star inglese, ma invitare chi li stava aspettando al varco a non lasciarne fuori neanche un pezzo: “TUTTODENTROMERDEEEEEEEEEE!”

L’auto avrebbe dovuto, a rigor di logica, proseguire il proprio cammino passando da via Gramsci, aggirare così l’ostacolo sfilando dietro lo stadio e proseguendo in direzione San Giustino. Inspiegabilmente, complice forse il mix di tensione unito alla birra in corpo, il pilota rientrò proprio verso via Puccini ( quando si dice sprezzante del pericolo… ) dove, percorse appena alcune decine di metri, all’altezza del rettilineo sottostante la gradinata del glorioso Brilli Peri, un bagliore bluastro si infranse sui vetri della Megane. Con ancora nella mente il rischio corso pochi minuti prima, il Capitano ad interim si sentì in dovere di raccomandare al suo compagno alla guida di rallentare ed accostare, poiché stava sopraggiungendo un’ambulanza. Con tutta l’incoscienza possibile, e l’adrenalina di una serata che stava per decollare, si sentì rispondere di tutto punto: “l’ambulanza una sega, imb…” Non fu in grado di terminare la frase perché un accecante fascio luminoso, a metà strada fra il divino ed il sole nel cortile di Alcatraz, lo colpì in pieno volto.

-“Arrestate il carro motore”- intimò una voce metallica; -“Scendete dalla macchina con le mani alzate e mettetevi contro il muro!”.

Fra l’etilico stupore e l’innocente incomprensione di quanto stava accadendo, i tre divennero prede indifese di un ferreo tutore della legge. Vennero perquisiti, furono verificate le loro generalità e cominciò un vero e proprio attacco verbale, mosso dall’accusa di non portare rispetto a chi, ogni giorno, rischia la vita per il bene di tutti i cittadini. Fortunatamente per il Presidente ed il Capitano, anestetizzati da una balla di ragguardevoli dimensioni, la filippica del tutore della legge scivolò via indolore, mentre per Sandrone, da sempre pronto ad affrontare tutto in prima persona, qualcosa proprio non andava giù. Prese così in mano la situazione, cominciando a controbattere con le seguenti parole, col tempo diventate ormai un racconto cult nello spogliatoio:

- “Guardi, ora non la faccia più lunga del dovuto. In fin dei conti non abbiamo fatto nulla. Siamo stati all’allenamento, guardi ( con notevole classe e naturalezza aprì il capiente bagagliaio della Megane per mostrare le borse griffate GS Ginestra). Poi, che vole, siamo stati a mangiare una pizza e ora s’andava a riprendere la macchina dì Presidente per andare tutti a letto”. Riportare il discorso diretto di Sandrone in dialetto, ovviamente, è un obbligo letterario.

Il rappresentante della legge, accorgendosi di come la situazione gli stesse sfuggendo di mano, volle provare a controbattere:

- “Ma voi avete urlato frasi ingiuriose nei nostri confronti…”

- “Macchè” - lo interruppe subito il roccioso Sandrone, abituato ad intervenire per sbrogliare situazioni ben più pericolose in area di rigore - “s’urlava perché si cantava i Queen, toh! Senta! (E con uno scatto felino, degno di un recupero sull’uomo lanciato a rete, aprì sportello ed alzò lo stereo, dove l’eterno Freddy stava concludendo un altro dei suoi leggendari pezzi ).”

Vista l’esuberanza (e forse anche la splendida forma) del fermato, il poliziotto abbassò il tono, rifugiandosi in un:

- “Ma no, noi si pensava, che voi…”

- “Noooo!” - irruppe nuovamente l’arcigno stopper - “Ma si figuri! Noi vi s’è sempre aiutato, anche quando vu dovevate prendere quelli dell’Arno, co’ i mi’ babbo, vi s’aiutò, tu lo po’ chiedere a i’ Galli…” E qui ci sarebbe da aprire una lunga parentesi, ma non è questa la sede adatta.

Sentendo di non avere più appigli, l’uomo in divisa rese i documenti ai malcapitati, non mancando,però, di rifilare loro la classica serie di ammonimenti su cosa comporti tenere uno stile di vita scorretto e via dicendo.

Nonostante il sollievo provato per l’inatteso lieto fine, la fermata causa lampeggiante spense definitivamente il desiderio dei tre di continuare la serata, anche perché se l’inizio era stato quello… chissà cosa avrebbe riservato il resto della notte! Meglio fermarla lì e rinunciare al serrato baccaglio delle fanciulle che, per quella sera, sarebbero rimaste sole solette ad attendere i loro calciatori.

Dalla serie A fino agli amatori, la voglia di ritrovarsi e stare insieme anche dopo gli allenamenti è sempre la stessa: magari il tasso di goliardia potrebbe essere inferiore, anche se forse non sarebbe la stessa cosa. Certo che giocare nell’Arci, però, ha i suoi vantaggi: ci si conosce più o meno tutti in paese, e, all’occorrenza, ci si può sempre “salvare” ricordando di quella volta che abbiamo aiutato a catturare i malviventi!


Sopra, nella seconda foto, la cartina del tratto incriminato,teatro della partenza in contromano fino all'immissione sulla statale 69!


2 commenti:

  1. Capitano ad interim5 gen 2010, 22:34:00

    Ho le lacrime agli occhi... troppo bello! meno male che che c'era lo stopper...Grazie per il racconto dettagliato, è stato come ritornare a quella sera!

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  2. Grazie a te per il prezioso materiale concessomi!!!
    Lo sai, è sempre un piacere!

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