25 novembre 2009

Dalla Ginestra alle stelle (Pt.5)



La disfatta

Capita anche alle grandi della classe di inciampare in una giornata storta e rimediare una figuraccia in campionato. Certo, ogni sconfitta ha la sua storia e le sue cause. Quando quattordici elementi su quattordici, contando anche i tre cambi della ripresa, non si reggono in piedi dal portiere fino al centravanti, di sicuro non è il modulo tattico il problema.
Quando il capitano, storicamente un leone in mezzo al campo nell'intercettare e proteggere i palloni, non si sposta di un metro e il massimo stacco da terra è di tre centimetri, diventa difficile per i compagni fare meglio. Che la giornata non fosse delle migliori lo si doveva intuire subito, fin dal tragitto verso il campo. Il lungo ed esperto portiere, tanto per citarne uno, aveva cominciato a sbadigliare fin dal sottopassaggio del Pestello; dopo la doccia, ancora non del tutto sveglio, non riusciva ancora a tener chiusa la bocca. Fortuna sua nostro Signore gli ha messo le orecchie, altrimenti la bocca gli avrebbe fatto il giro della testa! Non stavano di certo meglio gli altri componenti del reparto difensivo. A destra, sembrava giornata di lutto per la posizione a mezz'asta degli occhi del laterale. Incredibile come non riuscisse ad aprirli più di 20 gradi. Neanche un maldestro stop di petto, che gli fece rimbalzare violentemente la palla sulla faccia, contribuì al suo risveglio. I centrali non se la passavano molto meglio, impegnati com'erano nel tentare di non cadere nella trappola del fuorigioco: tattica che, notare bene, loro stessi provavano ad attivare per fermare gli attaccanti avversari. Notoriamente il fuorigioco, perché funzioni e non si trasformi in un boomerang, si deve basare sulla perfetta sincronia di movimenti fra tutti i componenti della linea difensiva. Nella disfatta di quel giorno, il libero saliva mentre lo stopper arretrava o viceversa. Nei rari momenti in cui si incrociavano, uno ricordava all’altro di stare con gli occhi ben aperti e di non far caso a tutta quella gente che si infilava da ogni parte. Una pacchia per gli attaccanti. Lo stantuffo di sinistra, conosciuto in tutto il Valdarno per i crateri provocati al momento dello scatto, sembrava piantato fino alle caviglie. Neanche investito da due giocatori avversari in corsa riuscì a smuoversi per più di un metro.
Una crisi tanto profonda quanto inspiegabile! Il reparto di centrocampo non aveva niente da invidiare ai colleghi di difesa. Gravi problemi motori flagellavano chi di solito aveva il compito di spezzare la manovra offensiva e recuperare palloni. Non a caso venivano giù come la grandine. Anche l'altro centrale di mediana non si incontrava particolarmente reattivo sulle palle alte. Mostrava un gran senso di posizione su ogni rinvio del portiere, ma di colpire il pallone neppure l'ombra; nonostante gli rimbalzasse periodicamente a meno di un metro, riusciva solo a guardarlo ed alzare le mani in segno di resa. Non era proprio giornata. La fascia destra, contrattualmente di proprietà del Cristiano Ronaldo del Pestello, era stata presa in prestito, senza diritto di riscatto, dagli ospiti per dare luogo a scorribande indisturbate. Per il fenomeno di casa, riuscire a controllare la palla e portarla avanti per più di un metro era un'impresa improponibile. Le cose non andavano di certo meglio a sinistra, dove i piedini di fata del regista stavano attraversando un'inquietante mutazione genetica. Dalla stanchezza che si trascinava dietro, i suoi piedi non riuscivano più a stare in piedi! Non si trattava di un bisticcio linguistico, oddio non che si esprimesse proprio bene a parole, ma di un problema motorio molto serio. Mi spiego meglio: in certi frangenti dell'azione, era il tallone a sopportare l'intero peso del corpo, mentre in alcune fasi di gioco, come ad esempio nel momento dello scatto, o meglio di quello che ne era rimasto, erano le punte dei piedi a doversi sobbarcare il goffo compito di portarlo in giro. Uno spettacolo tragi-comico per il pubblico: improvvisamente il Pestello Verde si era trasformato in un surrogato della Scala di Milano. Il problema era che i provetti ballerini non erano in grado neanche di camminare sulle punte...Figuriamoci di correre!
Gli attaccanti, abbandonati là davanti al loro destino solitario, si supportavano a vicenda, o meglio si reggevano a vicenda approfittando dei rari calci da fermo a favore. Dopo un batti e ribatti in area, molto coraggiosamente il centravanti aveva provato a colpire la palla al volo, esibendosi in una quanto mai improbabile girata. Gesto tecnico che già a condizioni normali presenta un coefficiente di difficoltà altissimo, figuriamoci in quella disgraziata mattina. La palla venne ciccata clamorosamente, ma il colpo più forte che si udì fu quello della colossale “gropponata” battuta per terra dall'attaccante. Il cambio fu la conseguenza più naturale per terminare l'azione offensiva e cercare di riportare un po’ di dignità calcistica. Anche il suo compagno di reparto non appariva in grande condizione. Approfittando di una clamorosa uscita a vuoto del portiere, si era trovato la porta spalancata: la palla a spiovere proprio all'altezza del secondo palo, dove lui si trovava ben appostato ( forse piantato ), non aspettava altro che essere appoggiata in rete. La distanza dalla linea di porta era irrisoria ed il difensore più vicino si trovava a dieci metri: nonostante le condizioni favorevoli, mancò l'appoggio in rete, andando addirittura a sbattere con la testa sul palo. Altro doveroso cambio per il bene del calcio e per la disperazione del mister in panchina.
Il passivo stava cominciando a diventare pesante anche per la pazienza del presidente, schiumante di rabbia e rimasto senza voce dai tanti moccoli sacrificati, giunto ormai sulla soglia degli spogliatoi. Una debacle psico-fisica di queste proporzioni non si era mai vista, neanche a queste latitudini calcistiche. Nell’immediato dopo gara, il primo pensiero della dirigenza fu quello di risalire alla cause di una simile condizione pietosa. Come sempre succede in questi casi, fu una soffiata ad aprire gli occhi dell’allenatore e farlo interrogare su cosa potesse essere successo la sera prima della partita…

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