4 novembre 2009

Il mercoledì di coppe



L’ultim’ora del mercoledì scolastico prevedeva educazione tecnica. Non l’ho dimenticato, nonostante siano passati quasi vent’anni. Forse per le tante magre figure rimediate al cospetto del professore. Non riuscivo neanche a tener fermo il compasso sul foglio ed immancabilmente foravo con leggerezza cosmica la carta da disegno. Ricordando bene, non ero capace, neppur con l’ausilio del righello, di tracciare una linea che fosse dritta. Proprio per tutta questa serie di difficoltà, non vedevo l’ora di uscire per inforcare la bicicletta e tornarmene il più veloce possibile a casa. Erano i tempi in cui frequentavo la scuola media.
Oltre a non sopportare educazione tecnica, c’era un altro motivo per cui il mercoledì attendevo con febbrile impazienza la campanella delle una. Una volta arrivato a casa, trangugiavo letteralmente il pranzo e mi piazzavo davanti alla tv, pronto per il lungo mercoledì di coppe. Per questo, a scuola, attendevo con impazienza il suono delle campanella così come i giocatori il fischio finale, tutti in copertura a difendere il risultato.
Il vecchio mercoledì di coppe europee aveva un fascino tutto particolare che ancora oggi ricordo con piacere. Si parla di un’epoca in cui la Champions League ancora non esisteva. Al suo posto bramavo per la conquista della Coppa Campioni. Un tempo in cui l’Europa League di quest’anno era la Coppa Uefa ed esisteva ancora la Coppa delle Coppe, competizione a cui partecipavano le squadre vincitrici delle coppe nazionali nei rispettivi paesi. Inoltre, differenza sostanziale rispetto ad oggi, tutte le squadre in tutte le competizioni giocavano, solo ed esclusivamente, di mercoledì. Capite bene perché durante l’ora di tecnica non ne facevo un dramma se mi scappava di mano il compasso. Dovevo solo uscire di scuola e tornarmene a casa.
Solitamente, le partite che venivano trasmesse subito dopo pranzo non erano di grande richiamo. Data appunto l’ora, in cui la maggior parte delle persone erano al lavoro, il mercoledì di coppe cominciava con qualche incontro di Coppa Uefa o di Coppa delle Coppe. Mi ricordo di qualche trasferta, trasmessa dalla Rai, in cui le nostre italiane erano impegnate in campi simili a quelli dove oggi giocano le nostre squadre amatoriali. Nella maggior parte dei casi, anche le squadre avversarie erano formate proprio da giocatori semi-professionisti che, smessi i panni di gioco, tornavano alle loro vere attività lavorative. Ricordo con affetto una squadra norvegese di falegnami che fu letteralmente sommersa di reti, sia all’andata che al ritorno, dal Milan.
Il problema è che non volevo perdermene neanche una: non importava se il tasso tecnico della partita, a causa della debolezza dell’avversario, era alquanto basso. Mi piaceva l’idea di poter vedere calcio per una giornata intera. Un’autentica maratona di partite che si concludeva solo dopo le dieci sera, quando terminava l’ultima partita in programma. Speravo sempre di non aver da fare troppi compiti per il giorno dopo, in modo da poter passare più tempo possibile davanti alla tv. Purtroppo non era sempre così ed allora dovevo inventarmi un sistema per fare le due cose allo stesso tempo. Chi è che non ha mai i fatto i compiti con la tv accesa di sottofondo? Tutti, credo, almeno una volta, no!?
Il pomeriggio volava via veloce, senza un minuto di noia. Spesso le tre reti Rai, per la mia immensa gioia, trasmettevano contemporaneamente tre partite diverse. In quel caso scattava l’operazione lascia o raddoppia: ovviamente io raddoppiavo andando, di volata, a prendere la piccola tv quattordici pollici di camera per posizionarla proprio accanto a quella più grande di sala. In questo modo non mi perdevo nessuno dei due incontri. Piccolo particolare, nella mia sconfinata ironia del lascia o raddoppia, lasciavo i compiti per dopo. Nessuno lo ha mai riconosciuto, ma sono stato un precursore del multi-channel moderno. Allora le varie trasmissioni di oggi, diretta gol o robe simili, non erano state neanche lontanamente concepite!
Gli incontri della sera erano quelli più ricchi di tensione, ma anche di fascino. Non esisteva, come oggi, il sorteggio pilotato per i primi turni. Poteva quindi capitare, soprattutto in Coppa Campioni, che già al primo turno ci toccasse il Real Madrid o il Barcellona, per non parlare dei temibili lancieri dell’Ajax e dei diavoli rossi del Manchester. Occorre premettere, però, che all’epoca l’accesso alla massima competizione europea era riservato solo ed esclusivamente alla squadra campione nazionale e non, come oggi, esteso fino alla quarta classificata. Partecipandoci, quindi, un minor numero di squadre era più probabile che si registrassero scontri da paura fin dal primo turno. Non sempre era così, per fortuna. Spesso le nostre italiane hanno passeggiato sui campi più sperduti d’Europa, sommergendo di reti i malcapitati islandesi del Valur di Reykjavik o gli assonnati amici maltesi della Valletta.
Bei ricordi. Oggi le coppe europee vengono spalmate su tre giorni ed hanno maggiore visibilità di una volta. Con le pay tv abbiamo un’infinità di opzioni e la formula attuale della Champions League prevede, per ogni squadra, la possibilità di disputare quantomeno sei gare. Arrivati alla fase finale, però, il fascino resta quello di una volta e le sfide fra le grandi d’Europa non tradiscono mai le aspettative.
Il mio mercoledì di coppe è cambiato radicalmente, ma non per colpa dei diritti televisivi spalmati su tre giorni settimanali. Anche se le partite si giocassero tutte in giorno, non avrei comunque tempo di vederle. Stasera controllerò, ormai per abitudine, quale sfida viene trasmessa in chiaro, pur sapendo già che a fatica riuscirò a vederne gli ultimi venti minuti. Tante, forse troppe, le cose da fare e gli impegni da rispettare in famiglia. Figli, mogli e nipoti storicamente non vanno d’accordo con le coppe! Se poi aggiungiamo una lunga giornata lavorativa, cominciata presto e finita tardi, non mi stupisco se crollo di sonno non appena mi siedo davanti alla tv.
Posso dire, quindi, di rimpiangere il mio vecchio mercoledì di coppe e tutti quei pomeriggi passati in compagnia del calcio. Anche se, dentro di me, so bene che sono gli anni in cui non riuscivo a stringere il compasso, che rimpiango con più nostalgia!

Nessun commento:

Posta un commento