11 novembre 2009

Il sapore della trasferta



La sveglia suona alle 4.30. Una cosa fuori dal normale; una sveglia d'altri tempi per ricordare come la notte sia stata fatta per dormire. Considerando che è l'alba di una domenica mattina d'inverno, suona ancora peggio, la sveglia! Nessuno ha capito bene il motivo di una partenza così militare quando, per arrivare a Cremona, da Montevarchi, al massimo ci vogliono due ore. Eppure c'era chi ripeteva che la strada è lunga e piena di insidie. E che sarà mai, manco avessimo dovuto attraversare un campo minato in groppa ad un canguro! Comunque, il morale della truppa è alto, quasi alticcio per qualcuno che ancora ha l’alito di un drago! Sopportiamo alla grande la sveglia da caserma anche se il solito qualcuno, al momento dell’adunata, doveva ancora mettersi a letto. Sto parlando dei due reduci da un sabato sera alquanto velenoso, passato in giro per locali alla disperata ricerca di coccole. Si sa che il pensiero di una trasferta goliardica rende ancora più spregiudicati nella conquista, infondendo quel sentimento di autostima che spesso viene a mancare nel momento di attaccare discorso.

Nonostante le alterne vicissitudini del sabato sera, nessuno salta il ritrovo delle 5:00 davanti al Vecchio Bar Firenze. Mario ancora se la dorme, rimandiamo quindi l'appuntamento con il caffè fra qualche chilometro. Ancora è buio pesto e gli occhi faticano a sbottonarsi. Il ritmo delle battute in auto, comunque, è sull’allegro andante e nessuno economizza sulle risate, neanche su quelle più sguaiate. Fra un apprezzamento volgare alla ragazza di uno ed un elogio a alla luna piena che la morosa dell’altro si ritrova al posto del sedere, ci ritroviamo già in autostrada. Comincia ad albeggiare solo una volta superato Firenze Nord. La luce del giorno è il segnale di risveglio per tutti.

Meglio brindare al nuovo giorno che sta nascendo ed a tutte le piacevoli sorprese che ci riserverà. Ecco il primo autogrill, premio meritato per noi bravi ragazzi che siam partiti presto per seguire la nostra squadra. Dolce o salato non fa' grande differenza: anche se qualcuno non ha ancora le idee chiare e, preso dall'eccitazione della tanta carne al fuoco che il menù della giornata ci riserverà, ordina spavaldo una brioche ed una Ceres. Salvo poi correggersi a grappa il caffè macchiato freddo, prontamente chiesto al posto della Ceres dopo l’occhiataccia rifilata dal barista. Non tutti andiamo a grappa, per fortuna, altrimenti con un litro non saremmo arrivati neanche a Bologna! Chi preferisce farsi di nutella, chi di mortadella, l'importante è godersi la trasferta. Si riparte verso nord non senza, però, aver acquistato quelle vecchie cassette di musica con in copertina donnine in abiti succinti e dal contenuto musicale che definire scurrile è un eufemismo. Passiamo una ventina di chilometri fra risate a crepapelle ed imitazioni alquanto improbabili delle strofe, in dialetto bolognese, incise su un nastro. Abbiamo appena passato Bologna quando il nostro pilota decide che è giunta l'ora di un'altra sosta. Una sola colazione, specialmente per chi si è alzato presto come noi, è troppo poco per affrontare l’intera giornata. Ci fidiamo della sua saggezza ed andiamo a rifinire in una bettola poco distante dal casello autostradale. Già il fatto che fosse aperta di domenica mattina presto non doveva lasciar presagire niente di buono. Solo una volta entrati, scopriamo che quello era una sorta di ritrovo per tutti gli alcolizzati cronici di Bologna e dintorni. Nessun problema, non eravamo lì per ubriacarci. Oltre ai fiaschi di vino, servono una piadina che ha qualcosa di celestiale. Non ripartiamo prima di averne ingozzate due a testa.

Capisco quando parlano delle difficoltà nelle trasferte. Seduti in macchina, siamo costretti a sganciarci il primo bottone dei pantaloni, come conseguenza diretta della ricca colazione da cacciatori consumata sull'appennino bolognese. Riparte la spedizione alla volta di Cremona. Penso che, se tutti quelli che seguono la propria squadra in trasferta fanno il nostro stesso numero e di mangiate, debbano per forza di cose rinunciare alla linea! Siamo circa a metà strada, ma ho come la sensazione che il viaggio debba ancora durare molto. Stavamo ipotizzando la probabile formazione con cui il Monte sarebbe sceso in campo allo Zini di Cremona quando, arrivati all’altezza di Reggio Emilia, improvvisamente ci ritroviamo in una vecchia cascina abbandonata. Quella che, perlomeno da fuori, pareva una dimora contadina di altri tempi, in realtà era più abitata ed accogliente che mai al suo interno. Un vecchietto simpatico, sulla settantina, ci invita ad entrare con fare gentile e festoso. Ancora non sappiamo bene perché siamo qua, però l’atmosfera non è niente male e nell’aria sentiamo già un buon profumo di cibo. Già, come se fino a quel momento non avessimo mangiato niente! Manca ancora un po’ all’ora di pranzo, ma pare brutto rifiutare un bel piatto di zucco ( salame tipico reggiano, molto speziato e servito cotto ) con del soffice puré come contorno. Ringraziamo il buon uomo dell’ottimo piatto, oltre che per quei due o tre litri di vino consumati, salutandolo con un caloroso abbraccio.

Solo verso Piacenza veniamo a sapere che il vecchietto altri non era che uno storico cliente del padre del nostro pilota: varie volte lo aveva invitato a passare ma non aveva mai avuto modo. Siamo quasi ad un passo dalla nostra agoniata meta quando, inspiegabilmente, la nostra auto devia verso un ristorantino tipico della zona. Cosa possiamo pretendere, è già passata da dieci minuti l’ora di pranzo e non possiamo attendere oltre! Siamo stati proprio fortunati. L’intera sala del ristorante è occupata da un’allegra comitiva di ultra sessantenni che stanno festeggiando le nozze d’oro di una loro coppia di amici. Come ci vedono entrare, complice il vino a fiumi nel quale stavano spensieratamente nuotando, ci invitano a sedere con loro. E’ l’inizio della fine. Immaginate tre ruspanti montevarchini piombati nel bel mezzo di un festeggiamento privato, dove la maggior parte delle persone ha già esaurito il bonus alcol! Si parte con un brindisi collettivo di benvenuto in onore dei forestieri. Non male come biglietto da visita. Seguono salumi a volontà, pasta fatta in casa ed arrosto misto. Dopo un paio d’ore di canti e balli, lasciamo il ristorante a pomeriggio ormai inoltrato, con gli invitati ancora tutti in piedi a cantare a squarciagola l’inno del Montevarchi. Il festeggiato, vedendoci salire in auto pronti a ripartire, si affaccia dalla finestra del ristorante e ci saluta col nostro tipico grido di battaglia : “Alé Alé Rossoblé!”. Lasciamo Piacenza soddisfatti della nostra opera di evangelizzazione.

Speranze di vedere perlomeno un spezzone di partita, ormai quasi zero. Entriamo a Cremona quando il Montevarchi ha già perso da un’oretta abbondante. Pensa, se non ci fossimo svegliati all’alba, forse non saremmo arrivati neanche a Bologna! Pazienza, nessun rammarico. Inoltre Cremona pare proprio una bella città e ci consoleremo con un dolce torrone artigianale, tipico di queste parti.

A posteriori, mi viene da pensare che la partita sia stato un buon pretesto per farmi una cultura culinaria della tradizione emiliana. In realtà, la spensieratezza che abbiamo quando seguiamo una squadra in trasferta ci rende liberi di non seguire nessun programma prestabilito. Il paradosso può portare anche a non vedere la partita per cui siamo partiti: non per mancanza di fedeltà nei colori amati, ma solo per quel gusto particolare che la trasferta ti regala. L’unica certezza sono le emozioni che si vivono in una trasferta. Dai preparativi dei giorni precedenti fino al giorno del viaggio stesso, l’atmosfera che si respira è tutta particolare: é una sensazione simile a quella che da bambini provavamo prima di una gita scolastica. La differenza è che, da adulti, ne comprendiamo a pieno le potenzialità e non ci facciamo mancare niente. E’ quell’incosciente insicurezza che ci fa sentire padroni del mondo, dei nuovi barbari liberi di scorrazzare su e giù per il nostro stivale, per una manciata di ore, in cerca di divertimento.E' difficile determinare cosa sia più indispensabile fra il viaggio ed i compagni di viaggio. Posso solo dire che gli amici siano quella parte fondamentale, conditio sine qua non, che rende una trasferta il momento di aggregazione evasiva che ogni tanto meritiamo.

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